2016-06-20 10:36:00

Giornata rifugiato. Hein: canali umanitari non più rinviabili


Nell'odierna Giornata internazionale del rifugiato, molte le iniziative organizzate nel mondo per sensibilizzare su una crisi umanitaria mondiale che secondo l'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati conta, da inizio anno, più di 3.000 persone decedute nel tentativo di raggiungere l'Europa. Valentina Onori ha intervistato Christopher Hein, portavoce del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) sull’importanza di questa ricorrenza:

R. – Quest’anno, è certamente una Giornata dei Rifugiati abbastanza particolare. Meno che negli anni precedenti, quest’anno c’è qualcosa da celebrare. Si inserisce in una crisi di rifugiati senza precedenti che colpisce tutta l’Europa. Il quadro delle vittime del primo semestre – che ancora non è finito – registra circa tremila morti nel Mediterraneo. Si tratta di persone che dal Nord Africa o dal Medio Oriente hanno cercato disperatamente di arrivare prima di tutto in Italia, ma  poi anche in Grecia o sulle isole greche. Io piuttosto la chiamerei una “Giornata contro l’indifferenza”. La cosa tragica è che può accadere di nuovo oggi, domani, dopodomani. Non ci sono politiche in grado di ridurre questo fenomeno della tragedia del Mediterraneo. Noi come Consiglio Italiano per i Rifugiati vogliamo insistere sul miglioramento della situazione cominciando proprio dal sistema di accoglienza, alla qualità in modo particolare che è sotto l’attenzione pubblica e al drammatico arrivo, al salvataggio in mare perché si dimentica facilmente che le persone poi rimangono: investire oggi sulle famiglie dei rifugiati, domani porterà frutti soprattutto per la persona, ma anche per la società. Dobbiamo uscire da questa ottica dell’emergenza permanente.

D. – È un esodo senza precedenti: attraverso quale politica nei confronti dei migranti passa il futuro dell’Europa?

R. – Di aprire canali umanitari per non rischiare la vita nel mare o non dovere pagare i trafficanti per aprire delle possibilità realistiche. La seconda considerazione naturalmente è che ci deve essere una risposta solidale e unitaria dell’Unione Europea. Non è pensabile di ritirarsi all’interno dei propri confini: questo non porta a nessun risultato.

D. – Perché è una Giornata che riguarda tutti?

R. – Perché è richiesto a tutti di trovare risposte. In questi mesi, abbiamo visto un’enorme mobilitazione della società civile in molti Paesi europei, anche in Paesi politicamente chiusi come l’Ungheria e l’Austria.

D. – “Siamo sempre lo straniero di qualcun altro”, dice Tahar Ben Jelloun. È così?

R. – Nel senso più profondo, siamo stranieri. Io direi che la possibilità di svolgere la nostra vita in questa terra ci è stata “prestata”, mi sembra questa sia la parola più giusta. Non possiamo considerare la terra come nostra proprietà. Questo poi ha conseguenze nell’ecologia e in tanti altri aspetti, ha anche un impatto sulla coscienza e sulla consapevolezza. Noi dobbiamo accogliere gli stranieri che vengono da noi.

D. – Ci mette di fronte alle nostre paure e a tutta una serie di problematiche che prima non consideravamo...

R. – Non dobbiamo vedere solamente questo settore come diritto di asilo, diritto di accoglienza. Dobbiamo considerare che siamo anche di fronte a una composizione diversa della popolazione in Italia come in altri Paesi europei. A chi apparteniamo? A una nazione? A un club di calcio? O apparteniamo a un insieme molto più grande, molto più vasto capace di arricchirci? Quando si parla della globalizzazione sappiamo che c’è soprattutto un interesse economico. Non ci può essere una globalizzazione economica senza una globalizzaizone nel senso più ampio della convivenza pacifica e solidale tra i vari popoli della terra.








All the contents on this site are copyrighted ©.