2016-06-21 18:24:00

Brexit. Draghi: pronti a tutte le urgenze. Appello di Cameron ‘pro remain’


Conto alla rovescia per il referedum che - giovedi prossimo 23 giugno - potrà sancire l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. E si rincorrono gli allarmi di soggetti politici e finanziari. Tra questi si è levata nel pomeriggio la voce del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi: la Bce - ha detto - è pronta ad ogni evenienza. Il servizio di Roberta Gisotti

Mentre gli ultimi sondaggi decretano una parità sostanziale tra i fautori della cosiddetta Brexit, i Leave ed i contrari i Remain, che vogliono restare nell’Ue, il presidente della Bce, Draghi, davanti al Parlamento europeo dichiara: “E’ difficile prevedere le varie dimensioni con cui il voto britannico impatterà sul mercato e l’economia della zona” e così anche “speculare su un risultato o un altro”, “quindi - ha aggiunto  -  siamo pronti ad affrontare tutte le possibili urgenze”. Come dire, tutto e niente! Più esplicito il presidente Yellen della Banca centrale degli Stati Uniti: la Brexix - scrive in un rapporto al Congresso Usa - metterà a rischio la stabilità finanziaria. Fatto sta che la sterlina, ai massimi da gennaio,  è volata oggi fino a 1,4783 dollari. Intanto il premier britannico Cameron si è appellato alla nazione in Tv: meglio restare nell’Ue, ha ripetuto, ammonendo “se usciamo sarà “cruciale”, “irreversibile”. Ha fatto perfino mea culpa su alcune decisioni prese da primo ministro, chiedendo però ora ai britannico di seguirlo votando sì all’Europa. Contro la Brexit è tornato a parlare anche il leader laburista Corbin paventando al popolo britannico una nuova austerità. Ma i Leave hanno certo già maturato le loro ragioni per il no all’Europa e forse a poco servirà il “chi esce, esce” del presidente del Parlamento europeo Schulz.

In tema di credibilità di sondaggi Giada Aquilino ha intervistato Francesco Ragni, direttore della rivista on line LondraItalia.com . Il Daily Telegraph, dava stamane il 53 per cento degli elettori al fronte del sì ed il 47 per cento al fronte del no all'Ue

 

R. – In realtà parliamo di sondaggi abbastanza ballerini, non particolarmente affidabili. Non dimentichiamo che, non più di dieci giorni fa, i sondaggi davano la vittoria del “Leave” a quasi 10 punti percentuali in più - il “Leave” era al 55 per cento contro il “Remain” al 45 per cento - e questo aveva creato una sorta di panico nel campo del premier Cameron. Poi, sfortunatamente, c’è stato l’omicidio di Jo Cox, che ha avuto un effetto importante. Adesso i sondaggi stanno dando nuovamente in vantaggio il “Remain”, anche se di poco.

D. – Può esserci quindi una sorta di reazione emotiva all’assassinio di Jo Cox o ci sono altre ragioni?

R. – C’è una forte reazione all’omicidio. Ce ne sono anche altre, perché questo è un referendum che si sta giocando molto sull’emotività. Ci sono anche problemi economici: Londra, per esempio, è molto cara; il Servizio sanitario pubblico, il National Health Service (Nhs), che è uno degli elementi cardine di questa discussione, è andato gradualmente peggiorando. Secondo alcuni, ciò viene visto come un effetto dell’aumento del numero della popolazione. Anche se, dall’altra parte, si dimentica che l’arrivo degli immigrati qualificati ha permesso anche al Nhs di continuare a erogare i servizi: quando si va in un ospedale a Londra, i medici e gli infermieri sono europei – spagnoli, italiani – e anche ad esempio indiani, semplicemente perché l’Inghilterra non produce sufficienti medici o infermieri per poter gestire il proprio servizio pubblico. Però la gente magari si ricorda del fatto che è andata in ospedale, ha visto una fila di immigrati che aspettavano di essere trattati ed è tornata a casa pensando: “Ecco, non ricevo l’assistenza che voglio, perché ci sono molti immigrati che stanno mettendo sotto stress il sistema”.

D. – Veniamo al duello allo stadio di Wembley tra l’ex sindaco di Londra, il conservatore Boris Johnson, e il suo successore laburista, Sadiq Khan, difensore del “Remain”: il nodo qual è?

R. – È una cosa interessante, perché in realtà uno dei temi latenti di questo referendum è quello della diseguaglianza tra Londra e il resto del Regno Unito. Londra, negli ultimi 10-20 anni, ha avuto un’accelerazione straordinaria, sviluppando una sua economia fortissima e, in questo senso, ha danneggiato molto il resto del Regno Unito. Il referendum viene in parte visto anche come un referendum su tale tema. Quindi è singolare che stasera a discuterne, in questo grande dibattito televisivo – l’ultimo live della Bbc – saranno proprio gli ultimi due sindaci di Londra, Boris Johnson e Sadiq Khan. Per cui sarà curioso vedere quanto il tema “Londra” emergerà. Addirittura c’è chi sta parlando di una secessione di Londra, del fatto che Londra possa diventare uno Stato a parte. Si parla di una “città Stato” con un ruolo mondiale, al di là di quello del Paese, che però a quel punto diventerebbe veramente sempre più una “Little Britain”, invece di una “Great Britain”.

D. – Girando per Londra e per il resto del Paese, si sono potute cogliere le vere ragioni dell’uno e dell’altro fronte - del “Remain” e del “Leave” - magari nei gazebo che sono sparsi un po’ dappertutto…

R. – Il fronte del “Remain” ha puntato molto sui temi economici ed ha prodotto una mole di studi economici in difesa delle ragioni della permanenza nell’Unione europea. Il fronte del “Leave” non aveva di questi argomenti: ha puntato sull’emotività, ha strumentalizzato temi come l’immigrazione. La sua campagna è stata più basata su slogan a effetto che non su dati effettivi.








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