2016-06-23 14:30:00

Chiesa Canada: suicidio assistito legalizza uccisione di una persona


Dal 17 giugno il suicidio medicalmente assistito in Canada è legge. Dopo la Camera dei Comuni, infatti, anche il Senato ha approvato  il testo presentato dal Governo senza ulteriori modifiche, con 44 voti favorevoli e 28 contrari. Il provvedimento prevede alcune clausole di salvaguardia a tutela dei soggetti più vulnerabili e della libertà di coscienza degli operatori sanitari. Esso esclude infatti esplicitamente i minorenni, le persone con malattie mentali e coloro che sono affetti da malattie degenerative.

Il rischio di interpretazioni estensive della nuova legge
Limitazioni che non fugano le obiezioni morali a una legge che, al di là delle buone intenzioni dei suoi promotori, di fatto legalizza l’uccisione di una persona. Lo ribadisce in una dichiarazione diffusa lunedì il card. Thomas Collins, arcivescovo di Toronto, osservando come tali limitazioni siano aggirabili e superabili nel tempo, come dimostra quanto è accaduto in altri Paesi in cui è stata introdotta l’eutanasia. Gli stessi limiti posti dalla sentenza con cui, nel 2015, la Corte Suprema canadese ha chiesto la sospensione della legge penale contraria all’eutanasia in casi specifici, sono già presi di mira dai gruppi ad essa favorevoli.

Distinguere tra morire ed essere uccisi
La società canadese – afferma nella nota il card. Collins - è ora chiamata “a un necessario, ma lungo processo di riflessione su cosa implica per tutti gli aspetti del vivere insieme la perdita della sua capacità fondamentale di distinguere tra morire ed essere uccisi”. Occorre poi riconoscere le conseguenze deleterie della riduzione della dignità di una persona alla sua autonomia, “quando è l’interdipendenza e non l’indipendenza di ciascuno a sostenere la nostra dignità”. Inoltre, ammonisce l’arcivescovo di Toronto,  il valore della vita di una persona non può essere ridotta alla sua “capacità di funzionare secondo determinati standard personali di prestazione”.

Garantire cure palliative a tutti i malati sofferenti
Affrontare questi nodi cruciali richiederà tempo, ma alcune cose possono essere fatte da subito. In particolare il card. Collins esorta a intraprendere tre passi: rendere effettivo l’accesso di tutti i canadesi alle cure palliative, attualmente limitato al 30 per cento dei malati; chiamare le cose con il loro nome e quindi fare capire all’opinione pubblica che la “morte medicalmente assistita”, come viene definito dalla nuova legge il suicidio assistito, è in realtà l’uccisione di una persona; assicurare il pieno rispetto della libertà di coscienza degli operatori sanitari che in nessun modo devono trovarsi nella condizione di essere costretti ad aiutare una persona a morire. 

La Chiesa canadese in campo con una vasta campagna educativa
Il dibattito sull’eutanasia e sul suicidio assistito va avanti in Canada da diversi anni. Nel 2010 una prima proposta di legge era stata bocciata in Parlamento. Ne era seguita una serie di battaglie legali culminate nella sentenza della Corte Suprema del 2015, anno in cui l’eutanasia è stata legalizzata nella Provincia francofona del Québec. La Chiesa canadese è scesa in campo contro la nuova legge federale con un’opera educativa capillare, passata per la diffusione di materiale informativo in tutte le parrocchie con i vescovi impegnati nelle proprie diocesi. (L.Z.)








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