SI è concluso ad Erbil, nel Kurdistan irakeno, il summit del clero caldeo, promosso dal Patriarca Sako. per ripensare l’opera di evangelizzazione e il ruolo del sacerdote nella società irachena. I lavori, all’insegna del motto “Misericordiosi come il Padre”, si sono svolti presso il monastero patriarcale di St. Adday e St. Maary, ad Ankawa, il quartiere cristiano di Erbil. La discussione e il confronto - riferisce l'agenzia AsiaNews - si sono svolti in un clima spirituale fraterno che ha saputo mettere a proprio agio tutti i presenti. In particolare il summit ha affrontato le sfide “spirituali, pastorali, culturali, educative e sociali” che trovano i sacerdoti e i vescovi nella loro opera quotidiana.
Le linee tracciate dal Patriarca Sako
Al termine dell’incontro, il patriarcato caldeo ha tracciato alcuni punti che serviranno
a guidare il lavoro: in primis una maggiore collaborazione fra vescovi e sacerdoti,
che devono “incontrarsi con regolarità” per migliorare la qualità della loro opera;
a questo si aggiunge l’impegno a tenere un ritiro spirituale annuale, che quest’anno
si svolgerà dal 19 al 22 settembre sul tema: “Il sacerdote, colui che possiede la
Divina Misericordia”.
Clero sia trasparente nei bilanci e rimanga nella propria diocesi
I vertici della Chiesa caldea ricordano al clero che “i sacramenti non possono essere
impartiti dietro compenso o denaro” e che per il sostentamento dei sacerdoti verranno
stanziate somme di denaro sufficienti al bisogno. E ancora, ai preti non è permesso
spostarsi da una diocesi all’altra - inevitabile il richiamo ai sacerdoti e ai monaci
ribelli - senza il consenso dei vescovi; altro elemento di discussione è stato la
valorizzazione del ruolo dei laici - di entrambi i sessi - nella missione e dar vita
a un comitato chiamato a “vigilare” in modo trasparente sulle casse e i bilanci.
Al centro dei lavori la vita del sacerdote e la situazione dei profughi
cristiani
“È stato un incontro molto bello e positivo a livello comunitario” racconta ad AsiaNews
padre Samir Youssef, parroco della diocesi di Amadiya (nel Kurdistan irakeno); egli
cura 3500 famiglie di profughi cristiani, musulmani, yazidi fuggiti da Mosul e dalla
piana di Ninive nell’estate 2014 con l’arrivo del sedicente Stato Islamico (Is). “Abbiamo
messo al centro - spiega - la vita del sacerdote, a livello pastorale e spirituale,
oltre ad approfondire la situazione dei profughi cristiani. Una situazione nuova e una
nuova missione: come sacerdoti dobbiamo capire come dare speranza a questa gente”.
Il ringraziamento del Patriarca Sako per i sacerdoti rimasti in Iraq
Preparando l’incontro, i vertici della Chiesa caldea hanno insistito a lungo sul
tema della misericordia, scegliendo vari passaggi di papa Francesco in materia come
spunto di riflessione. In particolare il Patriarca Sako che ha voluto ringraziare
i sacerdoti rimasti in Iraq, accanto al proprio popolo, a portare la croce. (R.P.)
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