2016-06-23 10:46:00

Living Fully: i bisogni dei disabili nelle nostre chiese


Oggi a Roma, presso il Pontificio Consiglio della Cultura, si tiene il seminario dal titolo “Living Fully, Vivere pienamente”, con il patrocinio anche di Jean Vanier e dell’Ordine Carmelitano, dedicato al tema della disabilità dal punto di vista teologico e antropologico. Al seminario seguirà da domani all’Università Lumsa una conferenza internazionale. I bisogni delle persone disabili nelle nostre comunità e la loro piena partecipazione, tra i temi in discussione. I motivi dell’iniziativa nell’intervista di Gabriella Ceraso, all’ideatrice, Cristina Gangemi:

R. – In questo momento della storia cristiana esiste un paradosso nella vita della persona disabile: prima di nascere, la Chiesa e specialmente la Chiesa cattolica protegge assolutamente la vita della persona; però, nel momento che la persona nasce e viene poi magari battezzata, quando si arriva alla piena partecipazione, le nostre chiese non sono piene di persone disabili. Anzi: ci sono certe chiese che non aiutano neanche un bambino disabile intellettualmente a prepararsi per la Comunione! E questo cosa vuol dire allora? Che la vita della persona rimane incompleta e questo vuol dire, quindi, che noi non crediamo veramente che ogni vita sia valida.

D. – Con questi due momenti ampi di confronto che voi proporrete, come pensate di lavorare per cambiare questa cosa e per far in modo di farla capire?

R. – Cercheremo di esplorare, attraverso le esperienze delle persone disabili e quindi attraverso le loro storie, e vedere dove troviamo Dio e a cosa ci chiama come Chiesa. Faremo di tutto per creare la possibilità, per le persone presenti, di immaginare come possano essere attive nelle loro parrocchie e che differenza possano fare.

D. – Perché e in che termine la cultura è chiamata in causa?

R. – Perché finora la cultura verso la persona disabile dice che sono invalidi, ma oggi le persone disabili invece fanno tutto: lavorano, vanno a scuola, imparano, nel loro modo, ma fanno tutto. la cultura sta cambiando! Invece di dire “il corpo tuo è diverso e allora ti escludo” dobbiamo imparare a dire “il corpo tuo è diverso dal mio, ma celebriamo la diversità”.

D. – Su questo punto, Papa Francesco - incontrando un gruppo di disabili coinvolti in un Simposio, convocato proprio dalla Cei - lo ha proprio detto: “La diversità è una ricchezza. E’ una sfida, ma ci permette di crescere”. …

R. – In un mondo in cui la persona disabile incontra sempre “mai, mai, mai” - non potrai mai camminare, non potrai mai avere accesso alla Chiesa, non potrai mai avere tutto quello che ti serve… - La Chiesa deve essere una Chiesa che invece dice “sempre” e quindi “sarai sempre benvenuto”; “farai sempre parte della nostra comunità”.

D. – L’obiettivo finale del Seminario è anche quello di stendere una carta, un documento con un messaggio di speranza che gli stessi partecipanti potranno portare nelle loro chiese?

R. – Il messaggio finale che noi vogliamo far arrivare è quello di riuscire a trasmettere che non c’è un “noi” e  un “loro”, perché negli occhi di Dio c’è solo “un noi”. Io penso che lo scopo del convegno sia proprio questo: creare una cultura del noi, in cui “noi”, insieme, pratichiamo la nostra fede, celebriamo Dio, essendo Chiesa insieme.








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