Confusione nel comando e controllo e mancata conoscenza delle regole d’ingaggio, ovvero degli ordini su come comportarsi di fronte ad un attacco, da parte dei Caschi Blu sono tra le cause che hanno provocato il massacro avvenuto nella notte del 18 febbraio nel campo profughi di Malakal nel Sud Sudan. Lo ha stabilito un’inchiesta delle Nazioni Unite che ha messo in rilievo il comportamento dei Caschi Blu della Missione Onu in Sud Sudan (Umiss).
Colpiti i civili nel Campo profughi con armi sofisticate
Secondo il rapporto - riferisce l'agenzia Fides - gli assalitori indossavano uniformi
dello Spla (Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese) ed hanno usato armi relativamente
sofisticate, compresi proiettili traccianti e granate, per colpire i civili rifugiati
nella struttura Onu che ospita circa 50.000 sfollati. Almeno 30 civili sono rimasti
uccisi e 123 feriti.
Le truppe Onu che non hanno risposto all'attacco verranno rimpatriate
Secondo Medici Senza Frontiere “Msf” l’Umiss non ha rispettato il proprio mandato
di proteggere i civili, come stabilito dal Consiglio di Sicurezza: prima dell'attacco,
ha fallito nell'impedire che nel Campo entrassero armi; ha deciso di non intervenire
quando sono iniziati i primi scontri e quando è avvenuto l'attacco dall'esterno è
stata estremamente lenta nel rispondere all'assalto”. L’Onu ha annunciato che le truppe
che non hanno risposto all’assalto verranno rimpatriate. (L.M.)
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