2016-06-24 19:25:00

GB fuori dall'Ue. Cameron si dimette, crollano sterlina e borse


La Gran Bretagna esce dall’Unione Europea. Questo il verdetto delle urne del referendum che ha visto il 51,9 dei cittadini del Regno Unito optare per ‘leave’. Un terremoto per la politica britannica e per i mercati e le istituzioni europee. Il premier Cameron ha annunciato le dimissioni e le borse hanno registrato il peggior calo dal crollo della Lehman Brothers. Contatti continui tra le principali cancellerie per assicurare la stabilità. Il servizio di Marco Guerra:

Il Regno Unito non farà più parte dell’Unione Europea, si stima che serviranno almeno due anni per attivare tutte le procedure per negoziare i trattati su cui ci baserà la nuova cooperazione tra Londra e L’Ue. Intanto sul fronte politico potrebbe cambiare tutto. Il premier britanico, David Cameron, ha annunciato le sue dimissioni: rimarrà a alla guida del governo altri tre mesi, ma la fase dei negoziati con l'Ue vedrà una nuova leadership. E di questo processo hanno parlato anche vertici delle istituzioni europee. Il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, quello del Consiglio europeo, Donald Tusk, e del Parlamento Ue, Martin Schulz, hanno esortato il Regno Unito a dare il prima possibile effetto alla decisione del popolo. In queste ore proseguono febbrili contatti tra le principali cancellerie  europee: Renzi è atteso domani sera a Parigi per un incontro informale con il presidente Hollande. Lunedì a Berlino è previsto un vertice a tre anche con la cancelliera tedesca Merkel e, sempre nella capitale tedesca, domani si vedranno i ministri delle finanze dei Paesi fondatori. In questo vertice Francia e Germania si presenteranno con un documento comune sul futuro dell’Unione. Obama auspica che sia assicurata stabilità, Putin avverte che ci saranno conseguenze anche per la Russia. Ma la scossa è arrivata soprattutto sui mercati finanziari. A picco le borse mondiali, Tokyo chiude con la peggiore seduta da Fukushima, i listini europei registrano i peggiori risultati da Lehman Brothers, bruciando 637 miliardi di euro. Crolla la sterlina che si attesta a 1,33 sul dollaro. Le banche centrali si dicono pronte ad intervenire per arginare gli effetti.

E mentre i leader europei si preparano, in Gran Bretagna canta vittoria Nigel Farage, capo del partito euroscettico Ukip e principale sostenitore del ‘leave’. Il voto ha poi messo a fuoco un Paese spaccato: i giovani in generale, la Scozia e l’Irlanda del Nord si sono espressi in maggioranza per la permanenza nell’Ue. E sul voto nel Regno Unito si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il presidente della Camera di Commercio italiana a Londra, Leonardo Simonelli:

R. – L’Inghilterra prima veniva considerata un Paese per definizione abbastanza stabile, unito, con valori comuni. Questa elezione ha dimostrato che questo fattore è molto cambiato. Secondo me, la cosa più grave è la perdita di fiducia nella leadership. Tutto l’establishment si è schierato per l’“in” ma non è bastato.

D. – A proposito di cambiamento, questo voto può rimettere in discussione l’indipendenza della Scozia, la riunificazione dell’Irlanda del Nord, territori dove in maggioranza si è votato in favore della permanenza nell’Unione Europea?

R. – La Scozia ha già detto che vuole rimanere in Europa e quindi ci sarà da negoziare qualcosa. L’Irlanda del Nord ha votato per rimanere e credo che si dovranno trovare dei Trattati particolari con la Repubblica irlandese.

D. – Le urne hanno anche sancito una frattura generazionale: il 75% degli under 24  ha votato per la permanenza, voto invece contrario per quanto riguarda i più anziani…

R. – Sono giovani che si sono creati questa formazione di mondo più ampio di valori e di solidarietà; invece, le vecchie generazioni sono più difficili ad accettare il cambiamento.

D. – Ora l’esito di questo voto quale processo innescherà nel breve e nel lungo periodo?

R. – Il referendum è consultivo, anche se naturalmente bisogna tener conto della volontà del popolo. Il Parlamento adesso dovrà riunirsi. Dopodiché verrà invocato l’articolo che prevede l’uscita dalla Comunità economica europea. Cominceranno le negoziazioni, che hanno un tempo di due anni. Poi ci saranno tempi successivi, se richiesto, per trovare nuovi equilibri.

D. – Parliamo di scenari futuri: cosa potrà cambiare per gli italiani nel Regno Unito, dal punto di vista di assistenza sanitaria, indennità di disoccupazione?

R. – A mio avviso ci sarà una negoziazione che prevede una riduzione dei benefici sociali per i non-inglesi, preservando – penso - quelli acquisiti da coloro che sono qui da molto tempo. Poi ci sono il problema delle residenze e la questione dei visti. Anche questi andranno affrontati.

L’esito del referendum nel Regno Unito non è così allarmante come sostenuto da molti osservatori. E’ quanto sottolinea, al microfono di Luca Collodi, il parroco di St Peter’s Italian Church a Londra, padre Andrea Fulco:

R. – Questo dato non ci deve far allarmare perché l’Inghilterra è sempre stata una nazione che accoglie, che integra e che sa gestire i disagi forse molto meglio che in altre situazioni europee. Sarà anche un modo per rivedere il nostro progetto europeo che forse crea anche delle disuguaglianze.

D. – Mentre Londra e le grandi città hanno votato per restare in Europa, le campagne e le altre regioni della Gran Bretagna hanno votato per uscire. Perché questa differenza sul piano sociale?

R. - Credo che, probabilmente, ci siano degli squilibri: a Londra ci sono più turisti, più immigrati. Sicuramente nelle campagne si pensa più al ceto sociale. Come sacerdote, non vedo questo come un dato allarmante perché ho una grande fiducia nello Stato, nello spirito inglese che non è mai stato discriminatorio, non ha mai chiuso le frontiere a nessuno. Credo che adesso siamo tutti un po’ spaventati ma dobbiamo anche guardare le cose da un punto di vista locale. Sicuramente i poveri saranno aiutati.

D. – La parrocchia italiana a Londra come aiuta la comunità italiana e le altre?

R. – Offre un grande aiuto, perché nel Paese sbarcano circa duemila italiani al mese. Noi ne aiutiamo diversi, soprattutto coloro che vivono situazioni di povertà. Abbiamo un progetto che si chiama “Saint Peter Project”, che portiamo avanti già da diversi anni. Aiutiamo ragazzi che non hanno una casa, oltre i tanti italiani che vengono a lavorare per dare loro un punto di riferimento spirituale. La nostra chiesa è anche un centro di accoglienza, di amicizia a livello sociale spirituale ed umano. Noi continuiamo ad accogliere tutti e io credo che anche l’Inghilterra non si chiuderà di fronte alle vere necessità delle persone.








All the contents on this site are copyrighted ©.