2016-06-24 14:50:00

Sì alla Brexit: Paese spaccato, Unione da rifondare


Una rifondazione politica per l’Ue?

“Un voto di pancia, umorale dettato da una sorta di acrimonia, dal distacco che la Gran Bretagna ha sempre avuto nei confronti dell’Unione Europea. Sicuramente i contraccolpi sulle borse sono stati pesanti, vedremo ora quali saranno ora le mosse delle banche centrali”. Alessandro Guarasci, dalla redazione del radio giornale della nostra emittente, apre così la diretta speciale sul clamoroso risultato del referendum britannico sulla cosiddetta Brexit: il 52% della popolazione ha scelto di lasciare l’Ue. “Molti esperti affermano che i problemi economici ci saranno solo a breve termine, mentre nei tempi lunghi la situazione tenderà a stabilizzarsi. Più gravi le conseguenze politiche con i Paesi euroscettici, come Francia e Olanda, che potrebbero voler seguire l’esempio britannico. Un voto che in sostanza richiede una rifondazione dell’Europa, non tanto dal punto di vista economico quanto da quello politico. E’ una sconfitta innanzitutto politica visto che un popolo non ha compreso perché varrebbe la pena restare nell’Unione”.

GB: una spaccatura interna che non è una novità

“Devo ammettere che i risultati del referendum sono stati per me una grande sorpresa, non mi aspettavo che la volontà di uscire dall’Europa raggiungesse questi livelli di diffusione”. A parlare così è mons. Peter Fleetwood, sacerdote dell’arcidiocesi di Liverpool, già vicepresidente del CCEE e officiale del dicastero vaticano della cultura. “Ci sono state varie fasi nella campagna elettorale per la Brexit. Credo che gli elettori che hanno votato qualche settimana fa, attraverso il servizio postale, quando gli argomenti per il ‘leave’ erano più forti, oggi si siano pentiti della loro decisione”, sostiene Fleetwood. “Gli esponenti religiosi qui in Gran Bretagna, avevano puntato sul senso di solidarietà degli elettori, invitandoli a non abbandonare l’Europa nelle mani dei plutocrati e a cercare di migliorarla dal di dentro, ma evidentemente non è bastato”. “Sono dispiaciuto anche per le dimissioni annunciate da Cameron – aggiunge il sacerdote - anche se non è l’amico di tutti è un uomo onesto che ha visioni chiare e generose. La spaccatura nel Paese che emerge da questo voto non è certo una novità”.

Navigando in acque sconosciute

“Il popolo britannico si è rivelato molto diviso, siamo un Paese molto diviso”. Esordisce così David Willey, corrispondente da Roma per la BBC, da quarant’anni nell’Urbe, intervistato sugli inattesi risultati della Brexit. “Io mi aspettavo un risultato simile - spiega - perché seguivo i sondaggi di opinione che davano una sostanziale parità, ma la sorpresa è stata che ci sono molte aree nel Nord della Gran Bretagna, le città dov’è cominciata la rivoluzione industriale, e tutto il Galles che hanno votato contro, mentre gli scozzesi hanno scelto di restare in Europa. Abbiamo così creato una crisi costituzionale, perché gli scozzesi avranno tutti i motivi per chiedere la dissoluzione del Regno Unito, anche perché non siamo più un ‘regno unito’”. “Guardando indietro - aggiunge Willey - si può certamente dire che la scelta di Cameron di indire questo referendum è stata un atto ‘suicida’. Credo la abbia presa dopo anni di frustrazioni e contrasti con gli euroscettici del suo partito. La vera origine di questa crisi è legata alla spaccatura nel partito conservatore britannico, dove da sempre c’è un’ala contraria all’Europa. Cameron non ha avuto concessioni dall’Europa e questo l’ha costretto a ricorrere al referendum e a rischiare la sconfitta che è poi diventata realtà”. “Ora il Paese vivrà un periodo di riassestamento e d’incertezza”, spiega il corrispondente della BBC. “Il Governo dovrà assicurare il popolo sulla tenuta della nostra economia, ai mercati non piace l’incertezza ma dobbiamo renderci conto che oggi stiamo navigando in acque sconosciute”. “Con l’uscita della Gran Bretagna l’Europa subisce un contraccolpo sul piano della solidarietà, uno dei valori all’origine della fondazione del mercato comune. In un mondo dove la globalizzazione avanza inesorabilmente seguire la volontà del popolo britannico non è forse la scelta più consigliabile. Forse nei prossimi mesi ci pentiremo per questa decisione, anche se è presto per dirlo”.  








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