2016-06-25 09:25:00

Papa al Memoriale armeno. Ricordare storia altrui rinsalda


"E’ un momento storico. Il riconoscimento del Pontefice alla memoria delle vittime è molto importante per ciò che significa anche in Europa. Poco tempo fa la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto che non fosse legittimo punire il crimine di negazionismo di genocidio armeno, sulla base di un riconoscimento internazionale considerato non così forte e non così univoco, diceva la Corte. Il gesto del Papa è ora in qualche modo di rottura e di apertura verso questo nuovo riconoscimento internazionale". A commentare l'omaggio del Papa al Complesso del Memoriale di Tzitzernakaberd è Fulvio Cortese docente di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università di Trento, studioso dei rapporti tra Memoria e Diritto, ha curato con Francesco Berti la raccolta “Pro Armenia” (Giuntina edizioni, 2015 - Prefazione di Antonia Arslan) e l’edizione italiana dei Diari dell’Ambasciatore americano a Costantinopoli durante il massacro tra il 1915 e il 1916. 

La Chiesa mai si è voltata dall'altra parte, al contrario di molti Stati occidentali

Cortese torna sulle parole del Papa in cui si esplicitamente si è parlato di genocidio: "parole forti ma anche molto precise". Cortese sottolinea come il Papa sia stato molto attento a non dare un’unica lettura a quanto successo che, effettivamente, "fu un mix di interessi e situazioni molto complesse che si radicavano anche nella storia dei luoghi. Un segnale fortissimo ma anche critico quello di Francesco, sia pur nella sua sintesi. Per di più sancisce la distanza tra la Chiesa cattolica e altre potenze occidentali perché durante il genocidio molti Stati volsero la testa dall’altra parte. Questo la Chiesa non lo fece. La sua attenzione a ciò che stava accadendo nell’Impero ottomano, nella appena nata nuova Turchia, fu molto forte, attenzione mai svanita".

La memoria è prendersi cura di ciò che è accaduto agli altri

"Le precisazioni di padre Lombardi sull'uso del termine genocidio da parte del Papa in Armenia sono molto calzanti - continua Cortese - perché il valore della memoria è un valore non di divisione ma di condivisione, di riconoscimento di alcuni punti di non ritorno che appartengono a un patrimonio che non si può dimenticare e che a sua volta costituisce la base di diritti, di libertà, di valori essenziali (come quello della persona) sui quali tutta la nostra tradizione giuridica occidentale si fonda. Ricordare dunque non vuol dire aprire nuovi fronti, ma ritrovarsi attorno ad elementi fondanti e irrinunciabili. La cosa più interessante del rapporto tra la memoria e quello che siamo oggi è proprio il prendersi cura di ciò che è accaduto agli altri, è la memoria degli altri che ci rinsalda su ciò in cui noi crediamo, è il momento più profondo. Quando ricordiamo qualcosa che è accaduto a noi, alle nostre genti, ai nostri padri, in qualche modo lo facciamo perché ci sentiamo delle vittime. Quando invece ricordiamo qualcosa che è accaduto agli altri lo facciamo perché partecipiamo non solo emotivamente ma anche idealmente con determinati valori all’idea che ciò non possa e non debba più accadere. Bisogna uscire definitivamente dall’idea nazionalistica della storia, ovvero che la storia dei popoli sia la sommatoria della storia di ciascun popolo. La storia dei popoli è invece qualcosa che insegna a ciascun popolo. E’ questo un messaggio molto importante che possiamo trarre dal viaggio del Papa in Armenia. Intanto - conclude il prof. Cortese - aspetto con curiosità le reazioni dello Stato turco. Non necessariamente saranno dure". 








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