2016-06-25 18:29:00

Papa: riconciliazione tra armeni e turchi, pace in Nagorno Karabakh


Non si ripetano mai più “orrori” come il “folle sterminio” subito un secolo fa dal popolo armeno. Il Papa ha rinnovato il suo appello a ricordare le ferite del popolo armeno, nel discorso pronunciato nella Piazza della Repubblica di Yerevan, nel corso dell’Incontro ecumenico con il Catholicos Karekin II. Accolto con calore da una folla di oltre 50mila persone, Francesco ha anche pregato perché “si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh”. Forte anche il suo auspicio a “correre verso la piena comunione”. Il servizio di Debora Donnini:

Francesco, pellegrino da Roma, abbraccia con il suo sguardo tutti gli armeni riuniti nella Piazza della Repubblica, a Yerevan, e porta l’abbraccio fraterno della Chiesa cattolica intera ad una terra che sorge sotto lo sguardo del monte Ararat e dove sorgono le croci di pietra. Croci che parlano di una storia dalla “fede rocciosa” ma anche “dalla sofferenza immane”, ricca di testimoni del Vangelo.

Il “Grande Male”: il mondo non ricada in simili orrori
Il pensiero del Papa ritorna al massacro di un milione e mezzo di armeni, trucidati cento anni fa sotto l'impero ottomano:

“In questo tragitto ci precedono e accompagnano molti testimoni, in particolare i tanti martiri che hanno sigillato col sangue la comune fede in Cristo: sono le nostre stelle in cielo, che risplendono su di noi e indicano il cammino che ci resta da percorrere in terra, verso la comunione piena”.

Vengono, quindi, ricordate le prove terribili sperimentate dagli armeni:

“Un secolo è appena passato dal ‘Grande Male’ che si è abbattuto sopra di voi. Questo ‘immane e folle sterminio’, questo tragico mistero di iniquità che il vostro popolo ha provato nella sua carne, rimane impresso nella memoria e brucia nel cuore”.

E Francesco con forza ribadisce che queste sofferenze sono “le sofferenze del Corpo mistico di Cristo”:

“Ricordarle non è solo opportuno, è doveroso: siano un monito in ogni tempo, perché il mondo non ricada mai più nella spirale di simili orrori!”.

Ferite rimaste aperte a causa dell’odio “feroce e insensato”, che però possono conformarsi a quelle di Cristo risorto: “terribili piaghe di dolore patite sulla croce, trasfigurate dall’amore, sono divenute sorgenti di perdono e di pace”. E all’Armenia Francesco ricorda, quindi, che anche il dolore più grande può diventare “seme di pace per il futuro”, senza lasciarsi assorbire dalla forza ingannatrice della vendetta.

Il Papa auspica la riconciliazione fra il popolo armeno e quello turco
Si tratta di costruire un futuro che appartiene anche ai giovani, ai quali Francesco si rivolge invitandoli a non essere “notai dello status quo, ma promotori attivi di una cultura dell’incontro”.E qui l’appello del Papa si fa ancora più forte:

“Dio benedica il vostro avvenire e ‘conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh”.

L’esortazione a “correre” verso l’unità
Il Papa parla del cammino verso l’unità. Un cammino rafforzato dagli incontri degli anni passati. Sottolinea la “reale e intima unità fra le nostre Chiese”. “Siamo nuovamente insieme per rafforzare la comunione apostolica fra noi”, dice Francesco che ringrazia l’Armenia, primo Paese cristiano ad abbracciare la fede, per la sua fedeltà, “spesso eroica”, al Vangelo. Il ritrovarsi insieme è uno “scambio di doni”, afferma, non di idee. L’invito è a guardare con fiducia al giorno in cui “saremo uniti” nella pienezza della comunione eucaristica. Un testimone di questo anelito per l’unità è stato il Catholicos Nerses Shnorhali, vissuto nel XII secolo, che fu “instancabile nella ricerca dell’unità”. Unità che, per Francesco, non è “un vantaggio strategico da ricercare per mutuo interesse”. Per l’unità è necessaria la preghiera. Ma fondamentale è anche l’amore reciproco: “solo l’amore cancella i pregiudizi”, dice Francesco. Bisogna “lasciare i convincimenti rigidi e gli interessi propri” in nome dell’amore umile, “olio benedetto della vita cristiana”:

“Non i calcoli e i vantaggi, ma l’amore umile e generoso attira la misericordia del Padre, la benedizione di Cristo e l’abbondanza dello Spirito Santo. Pregando e ‘amandoci intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri’, con umiltà e apertura d’animo disponiamoci a ricevere il dono divino dell’unità. Proseguiamo il nostro cammino con determinazione, anzi corriamo verso la piena comunione tra noi!”.

La violenza lacera anche il Medio Oriente
Il discorso del Papa si concentra sul tema del Vangelo: Cristo che dona la pace. Il Papa sa quanto sono ancora “grandi gli ostacoli sulla via della pace e quanto tragiche le conseguenze delle guerre nel mondo”. Il suo pensiero va anche alle popolazioni costrette ad abbandonare tutto, specialmente in Medio Oriente dove, sottolinea, “tanti nostri fratelli e sorelle soffrono violenza e persecuzione” a causa dell’odio, di conflitti fomentati dal commercio delle armi, dalla mancanza di rispetto per la persona umana soprattutto per i deboli.

Gli Armeni siano ambasciatori di pace
Un altro grande testimone di pace è stato san Gregorio di Narek che il Papa ha proclamato Dottore della Chiesa. Lui che nel suo Libro - che per il Papa potrebbe essere definito la “costituzione spirituale del popolo armeno” - chiese per i nemici perdono e misericordia: “Non sterminare coloro che mi mordono: trasformali!”. Questo, dice Francesco, “è un grido di misericordia per tutti”:

“Gli Armeni, presenti in tanti Paesi e che desidero da qui abbracciare fraternamente, siano messaggeri di questo anelito di comunione. Il mondo intero ha bisogno di questo vostro annuncio, ha bisogno della vostra presenza, ha bisogno della vostra testimonianza più pura. Pace a voi!”.

Prima del discorso del Papa, il Catholicos Karekin II ha parlato dell’importanza della pace, ricordato il genocidio degli armeni e ringraziato il Papa e tutti coloro che si impegno per la giustizia. Il suo auspicio è un miglioramento dei rapporti con la Turchia e che ci sia pace anche per il Nagorno-Karabakh, in rapporto alle tensioni con l’Azerbaijian.

Un Incontro ecumenico e di Preghiera per la Pace ricco di grande emozione e sigillato dal gesto compiuto da Francesco e dal Catholicos Karekin II: ciascuno, da una piccola anfora, ha versato dell’acqua ad una pianta, contenuta in un vaso a forma di arca.








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