2016-06-26 20:09:00

Exit poll in Spagna: Popolari del premier Rajoy primo partito


Urne chiuse dalle 20 in Spagna, dove oltre 36 milioni e mezzo di persone sono state chiamate ad eleggere i 350 membri del Congresso dei deputati. I primi exit poll danno i Popolari del premier Rajoy primo partito, Podemos secondo, scavalcati i socialisti che sono terzi. Un voto complicato, dunque, sul quale - oltre all’influenza della recente “Brexit” - incombe lo spettro dell’ingovernabilità. È la seconda volta, infatti, che il Paese torna ai seggi nel giro di sei mesi. Ma cosa è cambiato rispetto alle elezioni del dicembre 2015, i cui risultati non hanno portato a nessun governo stabile? Roberta Barbi lo ha chiesto ad Antonio Villafranca, analista dell’Ispi:

R . – È cambiato pochissimo. L’unica cosa è il fatto che Podemos si sia alleato con Izquierda Unida. Izquierda Unida alle precedenti elezioni aveva preso soltanto due seggi, ma l’obiettivo di Iglesias è quello di superare nei voti – e anche nei seggi, ovviamente – il Partito socialista. Sarebbe ovviamente qualcosa di rilevante - questo sì - perché appunto Podemos con Izquierda Unida, quindi ancora di più spostato a sinistra verso la sinistra radicale, diventerebbe la seconda forza politica del Paese.

D. – Il voto in Spagna è il primo appuntamento elettorale in Europa dopo la “Brexit”. I sondaggi davano già in testa il Ppe del premier Rajoy, ma l’attuale situazione di incertezza potrebbe rafforzare ulteriormente la sua posizione e spingere gli spagnoli a votare il “porto sicuro”?

R. – Potrebbe essere, così come potrebbe essere che Rajoy – Partito popolare – prenda alcuni voti da Ciudadanos, che già non aveva avuto una performance straordinaria a dicembre, però che la gente, soprattutto i moderati del centro, si spostino ancora di più verso il Partito popolare, proprio per evitarlo, anche influenzati da quello che è successo in Gran Bretagna con “Brexit”. Potrebbe esserci un travaso di voti, ma la vera questione è sempre riuscire a capire con chi fare il governo, come arrivare a quei 176 voti necessari per formare un governo.

D. – Fino a poco tempo fa, il leader di Podemos, Iglesias, proponeva l’uscita della Spagna dall’Eurozona. Ora ha cambiato registro perché sta mirando al voto dei moderati, ma potrebbe tornare su queste posizioni?

R. – Beh, abbiamo visto in realtà in giro per l’Europa diversi partiti politici che, in realtà, hanno cambiato idea. Se prendiamo la stessa Syriza, prima di essere eletta aveva dei toni certamente molto più duri e, appunto, non escludeva assolutamente l’uscita dall’euro; ma abbiamo visto, poi, come sono andate le cose: nel momento in cui sono andati al governo, poi, alla fine hanno dovuto accettare un accordo per rimanere all’interno dell’Eurozona. Ed è evidente che c’è molta comunicazione politica legata alla campagna elettorale ma poi, però, non necessariamente questi toni e questa asprezza nelle posizioni possono essere mantenute nel momento in cui si hanno responsabilità di governo.

D. – Se le previsioni saranno confermate e Rajoy sarà primo ma senza maggioranza, si potrebbe ipotizzare un governo di gran coalizione anche con Psoe e Ciudadanos?

R. – Questo in realtà è quello che Rajoy aveva già proposto e aveva cercato di realizzare dopo le precedenti elezioni. L’ago della bilancia fondamentale è il Partito socialista; il Partito socialista è in una posizione difficilissima: è il partito che rischia di più perché perderebbe la sua base se facesse una grossa coalizione con il Partito popolare. Però, d’altra parte, l’alternativa è quella di orientarsi totalmente a sinistra verso la Sinistra radicale nel caso in cui, invece – come vorrebbe Podemos – facesse, appunto, un accordo con Podemos. Quindi la vera questione e il partito che forse rischia di più, è sicuramente il Partito socialista che si trova assolutamente tra due fuochi.

D. – Quanto pesa sul voto la questione irrisolta del referendum sulla secessione catalana?

R. – Sicuramente pesa, è una costante ormai sulla vita politica spagnola. Come sappiamo  tutti, i partiti principali sono contrari alla secessione catalana con l’eccezione di Podemos: Pablo Iglesias è stato l’unico che si è detto già da tempo disponibile per un referendum. Non è un caso che Podemos abbia fatto abbastanza bene nella scorsa tornata elettorale, appunto, in Catalogna. Questo pesa, ma continuerà a pesare anche domani, tornerà a pesare anche nei prossimi anni perché è una questione irrisolta e sicuramente una situazione economica non favorevole non potrà che continuare a peggiorare la situazione.








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