2016-06-27 14:36:00

Falluja liberata da Is. Camporini: cautela, Daesh è solo sintomo


Falluja è stata completamente liberata dall'Is. Lo ha annunciato il generale Abdul-Wahab al-Saad capo delle forze antiterrorismo dell'operazione militare irachena iniziata un mese fa nella città che da più di due anni era una delle roccaforti del sedicente Stato islamico più influenti della zona. E' iniziata quindi, la bonifica, ovvero le operazioni di rimozione di tutte le trappole esposive che i miliziani del Califfato hanno lasciato in varie aree della città. “Dopo Falluja ci riprenderemo anche Mosul”, queste le parole del premier iracheno. Sul significato di questa mossa militare e su quello che comporta nell'area, Valentina Onori ha intervistato il generale Vincenzo Camporini, vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali:

R. – Tutto si inquadra in una situazione che ha origini storiche molto lunghe. Stiamo parlando della contrapposizione tra sciiti e sunniti in un Paese come l’Iraq, che è stata il risultato di una fusione a freddo avvenuta all’inizio del secolo scorso. Quindi non abbiamo risolto i problemi: questi continuano a rimanere. Non dimentichiamoci che l’Iraq, durante il periodo di Saddam Hussein, era governato da una élite sunnita che opprimeva la maggioranza sciita. Si tratta di appartenenti a gruppi che poi, con la caduta di Saddam, hanno visto il risorgere dell’irredentismo sciita a danno dei sunniti: Falluja è sunnita. E non deve sorprendere il fatto che, a un certo punto, Daesh si sia manifestato con la conquista di Falluja due anni fa, perché c’erano tutte le condizioni affinché ci fosse una fiammata di irredentismo sunnita, sotto le bandiere del Califfato. C’è stata una lunga preparazione per la riconquista di Falluja da parte del governo iracheno con tutta una serie di problemi legati anche all’appartenenza di buona parte delle forze che hanno operato contro Falluja – forze sciite. Si temevano poi fatti come quelli avvenuti nel passato con milizie sciite che prendevano le loro vendette nei confronti di popolazioni, che avevano come unica colpa quella di essere sunnite. Il problema di Falluja non è risolto: non è una conquista per cui si possa dire che il problema è risolto. Ci sarà sicuramente uno strascico, ci sarà da vigilare con grandissima attenzione per evitare che ci siano fenomeni di vendette postume. La ripopolazione di Falluja dovrebbe essere meno dolorosa e faticosa rispetto che in altre regioni, perché la città sembra non avere subito quella totale distruzione, che è invece avvenuta in altre circostanze.

D. – All’esercito iracheno adesso spetta tutto un lavoro di bonifica della zona…

R. – Sì, perché Daesh è lì – immagino che qualche piccola sacca di resistenza ancora ci sia – e ci rimarrà a lungo. Perché, aver controllato il territorio e avere avuto la possibilità di mettere dispositivi esplosivi e quant’altro, fa sì che non ci sia l’immediata agibilità dell’area, e che quindi debba essere fatto un lavoro di bonifica molto attento. Infatti, il rischio di perdite umane dovute a trappole esplosive rimarrà ancora per lungo tempo.

D. – A dicembre anche Ramadi era stata liberata dall’Is, ma i combattimenti poi sono continuati; la situazione peggiore è quella dei civili intrappolati…

R. – A Ramadi la battaglia è stata molto più lunga e ha comportato una radicale distruzione della città. Di Ramadi è rimasto in piedi ben poco: sembrava di essere a Dresda nel 1945. Ramadi è stato forse l’episodio più tragico. A Falluja la battaglia è durata di meno; le distruzioni sono meno evidenti e visibili, però prima che si possa tornare alla normalità passerà molta acqua sotto i ponti…

D. – Quali scenari si potrebbero immaginare?

R. – L’attenzione del governo iracheno ora si sposterà su Mosul, cosa che tra l’altro è nel desiderio anche della leadership militare americana. Mosul rappresenta infatti la capitale del Califfato ed è la città più importante nelle mani di quest’ultimo. La caduta di Mosul significherebbe che al-Baghdadi ha perso la guerra. Daesh, il Califfato, non sono altro che il sintomo di una malattia molto più grave: eliminiamo il Califfato, ma se non curiamo la malattia, prima o poi, un fenomeno che si richiami a questo rinascerà. E la malattia – purtroppo – è la volontà di dominio e di potere delle Potenze regionali: Iraq, Iran, Turchia, che si stanno disputando il ruolo egemone nell’area, sfruttando queste rivalità storiche, facendo combattere agli altri la guerra tra loro per riconquistare posizione. L’ondata espansionistica dell’Is è cessata da tempo e ora siamo nel riflusso della marea. Però non facciamoci illusioni: i motivi di ostilità non verranno cancellati con l’eliminazione dell’Is. Bisognerà trovare un equilibrio tra le Potenze regionali. Nel momento in cui Arabia Saudita, Iran e Turchia si renderanno conto che continuare ad osteggiarsi l’uno l’altro non porta nessun vantaggio e che è invece il caso di sedersi ad un tavolo delle trattative per trovare un compromesso che non scontenti troppo nessuno: questo sarà un momento in cui ci sarà un barlume di pace nell’area.








All the contents on this site are copyrighted ©.