2016-06-27 17:34:00

Il Papa in Armenia, p. Ruyssen: la verità rende liberi


Un omaggio al popolo armeno

“Tutto il viaggio del Papa è stato un omaggio al popolo armeno. Non perché l’Armenia sia una Nazione potente o ricca, ma perché è un piccolo Paese, un piccolo popolo completamente annientato dal genocidio di un secolo fa, che ha saputo reagire con forza, restando saldo e coraggioso nella sua fede, legato alle sue radici cristiane che sono più antiche di 1700 anni”. A ricordarlo è padre Georges-Henri Ruyssen sj, canonista docente al Pontificio Istituto Orientale, uno dei massimi studiosi della questione armena. “La fedeltà del popolo armeno – spiega - è stata messa alla prova del martirio, perché nessun popolo cristiano ha vissuto nella sua carne ciò che significa subire un martirio per la propria fede. Il viaggio del Papa ha certamente rinsaldato e rilanciato questa fedeltà”.

La riconciliazione della memoria

“Sono molto felice che il Papa abbia riutilizzato la parola ‘genocidio’ – aggiunge p. Ruyssen – e come ha detto lui stesso, non avrebbe potuto fare altrimenti, dopo che l’aveva utilizzata lo scorso anno in occasione del centenario”. “Si tratta di una parola molto forte perché si riferisce a un crimine previsto dal diritto penale internazionale e fa parte della fattispecie dei crimini contro l’umanità che sono i più gravi. Il Papa non ha avuto paura di riutilizzarla e ha rotto di nuovo il tabù. Si è così attenuto alla verità storica, lanciando al contempo un messaggio alla Turchia. Francesco non vuole calpestare o condannare la Turchia, ma è come se dicesse sia ai turchi che agli armeni: ‘la verità vi renderà liberi’. Lo dice anche alla Turchia che continua a negare questa verità storica. Ammettere il genocidio per Ankara significherebbe infatti rimettere in discussione l’orgoglio della Turchia moderna. Il Papa desidera invece una riconciliazione della Turchia con l’Armenia, ma questa passa solo attraverso una riconciliazione con la propria memoria che renderebbe i turchi liberi dai proprio sensi di colpa. Non si tratta affatto di uno spirito da ‘crociato’, è tutt’altro”.

Persecuzioni di ieri e di oggi

“Nella mia opera in sette volumi intitolata ‘La questione armena’, ho ripercorso la storia del popolo armeno sotto l’impero ottomano dal 1894 al 1925”, spiega padre Ruyssen. “Ho studiato una mole enorme di documenti presenti negli archivi vaticani che dimostrano come la Chiesa cattolica e la sua gerarchia avevano vissuto e compreso questi dolorosi eventi. Sia Benedetto XV che Pio XI erano molto ben informati dei massacri e delle deportazioni che avvenivano un secolo fa in Armenia e la Santa Sede fece molti sforzi per fermare il genocidio, salvare i cristiani e soccorrere i profughi”. “Un documento importantissimo è la lettera di Benedetto XV al Sultano del 10 settembre 1915: il Pontefice protestava contro i massacri e chiedeva di fermarli. Si tratta dell’unico sovrano, capo di stato, che all’epoca intervenne in questo senso. Le altre potenze guardavano altrove”. “Mi colpiscono molto i paralleli fra il genocidio armeno e le persecuzioni che subiscono oggi i cristiani in Iraq e Siria”, conclude lo studioso. “Oggi avvengono spesso negli stessi luoghi, provocano gli stessi flussi di profughi, avvengono anche oggi nell’indifferenza delle potenze cristiane e oggi come allora la voce del Papa e una delle pochissime ad alzarsi in loro difesa”.       








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