“Aumentare la consapevolezza e la preparazione professionale di quanti sono impegnati nelle indagini sui crimini che affliggono la nostra società per non fabbricare più colpevoli, ma arrivare alla verità dei fatti rispettando la dignità della persona umana”. È questo l’appello lanciato ieri dal vescovo di Tapachula, Chiapas, Messico, mons. Leopoldo Gonzáles Gonzáles, durante l’omelia della Messa che ha celebrato ieri e in cui ha ricordato la Giornata internazionale di sostegno alle vittime della tortura.
La tortura usata come mezzo per infliggere
dolore
Come riporta l’agenzia Fides, il presule ha sottolineato
che nel suo Paese la tortura non è “solo utilizzata come mezzo per estrarre una confessione
o informazioni, ma anche per infliggere dolore, per far soffrire e per punire”. Questo
accade specialmente nelle carceri di massima sicurezza, in cui i detenuti vengono
spesso tenuti in regime d’isolamento: “L’assenza di contatto umano – ha proseguito
il vescovo – provoca grande sofferenza mentale e fisica e così si aggiunge dolore
alla pena inflitta dalla sentenza”. Secondo i dati, infine, nelle carceri messicane
non accennano a diminuire i casi di violenza a opera delle autorità e dei responsabili
della sicurezza. (R.B.)
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