2016-06-27 10:50:00

Papa: Armenia, croci e coraggio. Nuova unità per l'Europa dopo la Brexit


Al popolo armeno auguro di avere “giustizia e pace”, all’Europa di ritrovare una nuova “unità” dopo la “Brexit”. È stato un nuovo dialogo a tutto campo quello intavolato da Papa Francesco con i giornalisti che erano a bordo con lui sul volo di rientro dall’Armenia. Tanti i temi toccati, dai rapporti ecumenici alla presenza del Papa emerito in Vaticano, dall’istituzione di una commissione sulle diaconesse alla scelta di usare il termine “genocidio” circa lo sterminio armeno del secolo scorso. Il servizio di Alessandro De Carolis:

“Non conoscevo un’altra parola”. E soprattutto non aveva senso tacerla dopo averla già utilizzata. Francesco, il Papa della schiettezza, soddisfa la curiosità dei giornalisti che inevitabilmente vogliono sapere le ragioni del "vocabolo-tabù", sempre al centro di questioni ogni volta che si parli dell’uccisione di massa degli armeni del primo Novecento e delle responsabilità turche nella vicenda:

“Io non conoscevo un’altra parola. Io vengo con questa parola. Quando arrivo a Roma, sento l’altra parola, ‘Il Grande Male’ o ‘la tragedia terribile’ (…) e mi dicono che no, che quella è offensiva – quella del 'genocidio' – che si deve dire questa (…) Ma, dopo aver sentito il tono del discorso del presidente e anche con il mio passato con questa parola e aver detto questa parola l’anno scorso a San Pietro, pubblicamente, sarebbe suonato molto strano non dire lo stesso, almeno. Ma lì io volevo sottolineare un’altra cosa, e credo – che non sbaglio – che ho detto: in questo genocidio, come negli altri due, le grandi potenze internazionali guardavano da un’altra parte”.

La pietra e la tenerezza
Degli armeni, Francesco celebra il coraggio e la fedeltà secolare alla fede cristiana, la capacità di non aver smarrito la “tenerezza”, la bellezza dell’“arte”, in mezzo a una vita costellata di “croci di pietra”. “Prego – dice – perché trovi la giustizia e la pace”:

“Io so che tanti lavorano per questo e anche io sono stato molto contento, la settimana scorsa, quando ho visto una fotografia del presidente Putin con i due presidenti armeno e azero: almeno parlano… E anche con la Turchia: il presidente della Repubblica nel suo discorso di benvenuto ha parlato chiaro. Ha avuto il coraggio di dire ‘mettiamoci d’accordo, perdoniamoci e guardiamo al futuro’. Ma questo è un coraggio grande!”.

Brexit, unità e conflitto
Non può mancare un nuovo commento del Papa sul tema del giorno, la “Brexit”, stavolta più articolato rispetto all’accenno fatto all’andata. Un giornalista, ovviamente inglese, gli chiede se sia preoccupato del fatto che l’uscita del Regno Unito possa comportare la disintegrazione dell’Europa e addirittura una guerra. Per Francesco, questi venti di stampo secessionistico sono da valutare “bene” per evitare il pericolo, afferma, di una “balcanizzazione” del continente:

“La guerra già c’è in Europa! Poi c’è un’aria di divisione e non solo in Europa, ma negli stessi Paesi. Si ricordi della Catalogna, l’anno scorso la Scozia (…) Per me sempre l’unità è superiore al conflitto: sempre! (…) E il passo (…) che deve dare l’Unione Europea per ritrovare la forza che ha avuto nelle sue radici è un passo di creatività e anche di 'sana disunione': cioè dare più indipendenza, dare più libertà ai Paesi dell’Unione”.

Il dialogo degli ortodossi
I temi di attualità ecumenica abbondano, primo fra tutti il Concilio panortodosso di Creta, che dopo decenni di preparazione ha visto alcune Chiese, tra cui il Patriarcato di Mosca, rinunciare a prendervi parte. Ma il parere del Papa è positivo:

“Il solo fatto che queste Chiese autocefale si siano riunite, in nome dell’ortodossia, per guardarsi in faccia, per pregare insieme e parlare e forse dire qualche battuta, ma quello è positivissimo. Io ringrazio il Signore. Al prossimo saranno di più. Benedetto sia il Signore!”.

Lutero aveva delle ragioni
Una domanda chiama in causa Francesco anche sui 500 anni della Riforma protestante, che vedrà il Papa volare tra quattro mesi in Svezia per una celebrazione. Lutero? Credo che le sue intenzioni “non fossero sbagliate”, opina il Papa, forse erano “alcuni metodi” a non essere “giusti”. E tuttavia, la Chiesa – ammette – ha la sua parte di responsabilità nel processo che mise in moto la Riforma:

“C’era corruzione nella Chiesa, c’erano mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E  oggi luterani e cattolici, protestanti e tutti, siamo d’accordo sulla dottrina della Giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato (...) Oggi il dialogo è molto buono e quel documento sulla Giustificazione credo che sia uno dei  documenti ecumenici più ricchi, più ricchi e più profondi, no? E d’accordo, ci sono divisioni, ma dipendono anche dalle Chiese”.

Una Chiesa che chiede perdono
Sul rispetto verso gli omosessuali – sul quale viene sollecitato a partire da una recente affermazione del cardinale Marx – Francesco ribadisce che nessuno può ergersi a giudice di queste persone e ricorda il Catechismo che invita ad accompagnarne il cammino verso Dio. Quindi soggiunge:

“Io credo che la Chiesa non solo debba chiedere scusa – come ha detto quel cardinale ‘marxista’… (ride) – a questa persona che è gay, che ha offeso, ma deve chiedere scusa ai poveri anche, alle donne e ai bambini sfruttati nel lavoro; deve chiedere scusa di aver benedetto tante armi. La Chiesa deve chiedere scusa di non essersi comportata tante, tante volte – e quando dico ‘Chiesa’ intendo i cristiani: la Chiesa è santa, i peccatori siamo noi – i cristiani devono chiedere scusa di non aver accompagnato tante scelte, tante famiglie”.

C'è un solo Papa
Francesco conferma di avere sulla scrivania l’ipotesi di una commissione di studio per l’istituzione delle diaconesse nella Chiesa e assicura che durante la visita ad Auschwitz, il mese prossimo, vorrà come fatto al mausoleo del genocidio armeno “andare in quel posto di orrore senza discorsi”, con la preghiera del “silenzio”. Infine con la consueta, affettuosa simpatia che sempre gli riserva, Francesco torna a parlare di Benedetto XVI. Con "coraggio", "scienza" e "teologia - riconosce - "ha deciso di aprire" la porta al Papato emerito, "ma - ribadisce Francesco - c'è un solo Papa":

“Lui per me è (…) il nonno saggio, è l’uomo che mi custodisce le spalle e la schiena con la sua preghiera. Mai dimentico quel discorso che ci ha fatto, ai cardinali, il 28 febbraio: ‘Fra voi sicuro ci sarà il mio successore. Prometto obbedienza’, e lo ha fatto. Poi ho sentito, ma non so se è vero questo... Sottolineo: ho sentito – forse saranno dicerie ma vanno bene con il suo carattere – che alcuni sono andati lì a lamentarsi perché questo nuovo Papa… E li ha cacciati via, con il migliore stile bavarese: educato, ma li ha cacciati via. E se non è vero, è ben trovato, perché quest’uomo è così: è un uomo di parola, un uomo retto, retto, retto”.








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