2016-06-28 14:16:00

Brexit. Parlamento Ue chiede uscita veloce della Gran Bretagna


Il Parlamento europeo chiede "un’implementazione rapida della procedura di revoca" dell'appartenenza della Gran Bretagna all’Ue. Così la risoluzione bipartisan approvata dalla plenaria straordinaria tenutasi stamani a Bruxelles, prima del Consiglio Europeo di oggi pomeriggio. Dal canto suo, il premier britannico Cameron annuncia che non chiederà l’immediata uscita del Regno Unito dall’Unione. Ma anche la Merkel incalza Londra e dice “senza doveri nessun privilegio”. Intanto le Borse tornano tutte in territorio positivo. Il servizio di Marco Guerra:

Accelerare le procedure per l’uscita dall’Ue e annullare la presidenza di turno della Gran Bretagna in programma nel secondo semestre del 2017. E’ quanto contenuto nella risoluzione approvata a vastissima maggioranza al parlamento europeo. Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ricorda che spetta a Londra avviare i negoziati e annuncia per settembre un vertice straordinario dei 28. Per il momento il premier britannico Cameron non è intenzionato a chiedere l’avvio di questo processo; ma le pressioni arrivano anche dal presidente della Commissione Junker che esorta Londra a “chiarire subito la sua posizione”. Sulla stessa linea Merkel, Hollande e Renzi che hanno evidenziato che “non c’è tempo da perdere” e hanno discusso una road map per rilanciare l’Unione. Su questo punto sentiamo Carlo Carlo Altomonte, docente di politica economia europea alla Bocconi di Milano:

R. – L’incontro di ieri tra Francia, Germania e Italia secondo me ha dato il segnale che molti aspettavano, cioè l’idea di una raod map precisa su cosa succederà nei prossimi mesi all’interno dell’Unione Europea e che risposte dare sul percorso dell’integrazione politica e soprattutto economica e quindi definire - come è stato deciso ieri - grazie ai lavori del Consiglio europeo a settembre, a ottobre e infine a dicembre, una serie di decisioni, di passaggi importanti, sia sul fronte della sicurezza interna ed esterna, l’avvio al consolidamento di una politica di difesa comune e un rilancio nel tema della crescita economica e degli investimenti, tema ovviamente caro all’Italia. Su questo mi pare che i leader europei  - almeno i tre grandi che si sono incontrati ieri – siano abbastanza d’accordo. Vedremo già da oggi le conclusioni del Consiglio europeo che dovrà in qualche modo varare questa road map e poi i passi successivi.

D. - Quindi questo scossone potrebbe anche essere lo spunto per un cambio di rotta dall’austerity che ha segnato questi ultimi anni e anche verso una maggiore integrazione?

R. – Sì, anche se dobbiamo sempre tenere conto che in Europa è difficile che ci possano essere delle accelerazioni violente, nel senso che dovremo sempre mediare questa necessità di maggiore integrazione con le paure e  le diffidenze dell’elettorato. Non è detto che la Merkel vincerà le elezioni tedesche se oggi promette meno austerity in Europa ai suoi elettori. Quindi dovremmo vedere come tirare la linea tra le necessità di dare delle risposte ad alcuni Paesi e ovviamente il consenso politico interno in altri. Per questo è importante che i tre grandi continuino a parlarsi, a mediare e diano il senso di un percorso comune che però non abbia delle rotture importanti e delle fughe in avanti come per esempio il nuovo trattato, un’Europa federale,  … Il fatto che il pallino sia ritornato in qualche modo agli Stati, il fatto che ieri non fosse presente la Commissione Europea all’incontro, vuol dire che in qualche modo la politica sta prendendo il sopravvento in Europa e questa secondo me è una buona notizia.

D. - Oggi si parlerà della situazione al Consiglio europeo. Il clima si prospetta incandescente anche perché la Polonia intende mettersi alla guida di un gruppo di Stati che non accettano leadership del nuovo direttorio Francia-Germania-Italia …

R. - C’è ormai una presa d’atto: un conto è l’eurozona, quindi un conto è la necessità si maggiore integrazione tra i Paesi di area Euro che condividono la stessa moneta. Dunque i tre grandi Paesi fondatori, Germania, Francia e Italia, devono trovare delle risposte perché la storia ha avuto un’accelerazione con l’uscita del Regno Unito. Dall’altro lato è altrettanto evidente che altri Paesi che non hanno la moneta unica, come la Polonia, hanno delle esigenze diverse e quindi in qualche modo gestire un processo di un’Europa che vada a velocità differenti penso ormai sia nei fatti. Tentare di portare tutti sulla stessa strada, ci porta a compromessi che poi non danno le risposte che i cittadini si aspettano di avere sul fronte dell’integrazione economica e politico. Tutto questo poi crea delle situazioni di tensione che sfociano in voti politici di potenziale effetto disgregativo.

D. - Intanto Cameron frena sui negoziati per l’uscita e Merkel, Hollande e Renzi ribadiscono che il processo invece deve essere avviato.

R. – L’ambiguità non porta vantaggio a nessuno. Bisogna avere certezza sui prossimi passi. Mi pare però che ieri sia stato  deciso  che la procedura di avvio dell’uscita dall’Unione Europa del Regno Unito partirà ad ottobre con il premier inglese che verrà indicato dai conservatori entro il 2 settembre. A quel punto, poi, seguiranno  i negoziati per la procedura di uscita formale del Regno Unito dall’Unione Europa ai sensi dell’articolo 50, una procedura che può richiedere due anni di tempo prorogabili, la cui chiusura è poi nelle mani dell’Unione europea, non dello Stato che ha chiesto l’uscita.








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