2016-06-29 13:55:00

Onu: Italia e Olanda condividono seggio in Consiglio di Sicurezza


Italia e Olanda hanno raggiunto un accordo per condividere un seggio non permanente in Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Roma lo terrà nel 2017, l’Aja nel 2018. L’intesa è arrivata dopo che i due Paesi si sono contesi uno dei due scranni spettanti all’Europa Occidentale in cinque votazioni in Assemblea generale, finite tutte in sostanziale parità. Abbiamo dato "un messaggio di unità" all'Unione Europea ha commentato il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni. Di “perfetto esempio di cooperazione europea”, ha parlato il presidente di turno del Consiglio Ue, l’olandese Mark Rutte. Sul significato di questo voto e sui meccanismi del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Marco Guerra ha intervistato Elena Sciso, ordinario di diritto internazionale alla Luiss di Roma:

R. – Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è costituito da 15 membri. Di questi, cinque sono membri permanenti, nel senso che mantengono il loro seggio continuativamente, mentre dieci si avvicendano secondo una turnazione biennale. Questi dieci seggi non permanenti sono distribuiti tra tutti i membri delle Nazioni Unite sulla base del contributo che questi Stati membri danno al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e sulla base di un criterio di equa distribuzione geografica. Significa che devono essere eletti ogni due anni tre Stati africani, due Stati dell’Asia, uno dell’Europa orientale, due dell’America Latina e due dell’Europa occidentale, e poi altri Stati che sono fuori da questi gruppi regionali. L’Europa occidentale aveva diritto quindi a ottenere due seggi non permanenti in questa elezione del Consiglio di sicurezza: la Svezia è stata eletta, rimangono l’Italia e l’Olanda che, avendo riportato fino alla quinta votazione un numero di voti sostanzialmente paritario, hanno deciso di fare questa proposta, che dovrà adesso essere accettata dall’Assemblea generale, di suddividersi il seggio un anno ciascuno per il periodo dei due anni che spetterebbe al nuovo membro non permanente.

D. – Perché è così importante avere un posto al Consiglio di sicurezza dell’Onu?

R. – Perché il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è un organo che formalmente ha la responsabilità principale per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Di fatto, è l’organo che adotta decisioni, cioè che adotta delibere che vincolano tutti gli altri Stati membri delle Nazioni Unite, mentre l’Assemblea generale – che è un organo a composizione plenaria nel quale ciascuno Stato membro delle Nazioni Unite, sono 193, ha un suo rappresentante – può discutere di tutto ma non ha poteri di decisione, salvo che per il bilancio o per la missione dei nuovi membri. Quindi, di fatto le decisioni delle Nazioni Unite sono prese da questo organo, il Consiglio di sicurezza.

D. – Condividere un seggio al Consiglio di sicurezza è un modo per mostrare l’unità dell’Europa, così il ministro degli Esteri Gentiloni. Possiamo confermarlo?

R. – Direi proprio di sì, soprattutto in questa fase anch’io – sinceramente – lo leggo in questa prospettiva. Sottolineare l’unità di intenti nella politica internazionale, quantomeno degli Stati membri dell’Unione Europea.

D. – Con la Brexit, però, si complica anche la questione della rappresentanza europea all’Onu…

R. – Si complica un po’ il modo di partecipazione dei Paesi membri dell’Unione Europea all’Onu. Perché, vede, nell’ambito del Trattato di Lisbona tutti gli Stati membri dell’Unione Europea sono vincolati a concordare una posizione comune all’interno delle organizzazioni internazionali nelle quali si trovano a operare. Ovviamente, nel momento in cui la Gran Bretagna sarà fuori dall’Unione, quando si perfezionerà questo processo di recesso, non sarà più vincolata a questa forma di rappresentanza degli altri Stati dell’Unione.

D. – A che punto è il processo di riforma delle Nazioni Unite? A cosa è dovuta questa impasse?

R. – In origine, nel 1945, si è reciso di attribuire una posizione preminente in seno a questi organi a cinque Stati che erano di fatto i vincitori della Seconda Guerra mondiale, quindi gli Stati Uniti, l’allora Unione Sovietica, la Cina, la Francia e l’Inghilterra. Un equilibrio che sicuramente oggi non corrisponde agli equilibri complessivi della comunità internazionale. Sulla base di questo, è stata proprio l’Italia – se non ricordo male – nel 1993 ad avanzare una proposta. La proposta italiana del 1993 mirava da un lato a eliminare progressivamente questo potere di veto dei membri permanenti, dall’altro ad aggiungere a queste due categorie – membri permanenti e membri non permanenti – una terza categoria di membri semi-permanenti, che avrebbero dovuto essere eletti per un periodo di tempo maggiore dei due anni: una categoria intermedia tra membri permanenti e membri non permanenti. Questa proposta non è passata. Negli anni Duemila, sono state avanzate altre proposte, sempre tese ad allargare il numero dei membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza. Perché queste varie proposte non sono passate? Perché in realtà gli emendamenti, quindi le modifiche alla Carta delle Nazioni Unite, devono passare attraverso una procedura particolarmente pesante: devono essere approvati dai due terzi dei membri dell’Assemblea generale, compresi però i voti positivi dei membri permanenti. Fino ad oggi è chiaro che questi membri permanenti sono stati piuttosto restii a rinunciare in parte ai loro privilegi. Si è parlato anche negli anni scorsi della possibilità di attribuire un seggio permanente in Consiglio di sicurezza all’Unione Europea in quanto tale: questa proposta è stata rapidamente ritirata perché in realtà si scontrava con varie difficoltà. Le Nazioni Unite prevedono solo la partecipazione di Stati, non di organizzazioni internazionali.








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