2016-07-05 16:09:00

Noemi Di Segni: dialogo tra ebrei e cristiani è indispensabile


Nata a Gerusalemme, romana d'adozione, 47 anni, Noemi Di Segni è da domenica scorsa il nuovo presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei). Succede a Renzo Gattegna, per 10 anni al vertice dell’ebraismo italiano. Intervistata da Alessandro Gisotti, Noemi Di Segni si sofferma sul suo nuovo incarico e sul rapporto tra la comunità ebraica e quella cristiana:

R. – La presidenza che si apre è un frutto - se vogliamo - un primo frutto di un impegno che abbiamo portato avanti per quattro anni, di attenzione alle persone, alle singole comunità, per la loro esistenza come punti di riferimento e evidenze di un ebraismo che si è sviluppato ed è maturato sul territorio nazionale, valorizzando le peculiarità di ciascuna comunità. L’idea è quella di valorizzare quello che è comune tra le diverse collettività e comunità, siano esse ebraiche, cattoliche, cristiane e musulmane. E quindi, la linea che noi vogliamo assolutamente seguire, nel solco dell’eredità di Tullia Zevi e di Renzo Gattegna, è proprio quella di essere portatori di elementi valoriali, di dialogo e di democrazia, con il resto della società italiana.

D. – In questi ultimi anni si sono affermati - purtroppo - sempre più violentemente i fondamentalismi religiosi: come pensa si possa combattere questa piaga del nostro tempo, anche nel suo impegno?

R. – Io credo che l’unica risposta che ci possa essere, forte ed efficace, sia l’educazione, la cultura e la formazione delle coscienze in età estremamente giovane; il sapersi confrontare, convivere e crescere con persone diverse. E credo che veramente l’unica, l’unica vera arma forte sia alla fine la fiducia e il dialogo della cultura e la condivisione di valori comuni.

D. – La comunità ebraica ha celebrato in questi mesi, con una mostra, lo storico abbraccio del Rabbino Toaff con San Giovanni Paolo II, avvenuto trent’anni fa: quanto è importante per lei il consolidamento del dialogo e dell’amicizia tra comunità ebraica e comunità cattolica a Roma e in Italia?

R. – Chiaramente, è fondamentale ed indispensabile che questo dialogo, che è maturato e si è sviluppato nei tre incontri ai quali abbiamo assistito (le visite dei tre Papi alla Sinagoga di Roma, ndr), tra cui l’ultimo alla Sinagoga a gennaio scorso: ciascuno di questi incontri ha maturato una fase in questa conoscenza, che non è solo dialogo, e non è finalizzata – ovviamente – al convincimento dell’altro ma è capacità di costruire insieme un progetto di dialogo e di quanto le fedi e le religioni oggi siano uno strumento, un veicolo, un modo per arricchire le nostre anime. Queste infatti sono spesso, per il modo in cui è caratterizzata la nostra vita quotidiana, appiattite su un quotidiano molto vuoto. Allora, credo che il messaggio che deve passare è quanto le religioni, insieme, possono essere un modo di creare sistema: sistema di dialogo e di accettazione. È chiaro che ci sono aspetti e questioni ancora critici, che devono essere tuttora approfonditi e sui quali auspichiamo che ci sia un’ulteriore evoluzione.

D. – Tra pochi giorni, durante la visita in Polonia per la Gmg di Cracovia, Papa Francesco si recherà ad Auschwitz Birkenau: è il terzo Papa a compiere questo gesto…

R. – È una scelta forte, importante, che apprezziamo moltissimo. Sappiamo il potere vibrante, forte, quanto il Papa abbia questa capacità. Anche nei momenti in cui sceglie di esprimersi con un silenzio, la sua capacità di comunicazione è forte ed immensa. E quindi questo suo viaggio – questo suo percorso – sicuramente coinvolgerà molti fedeli e trasmetterà loro un messaggio molto forte. Quindi noi ovviamente siamo molto partecipi e contenti che questo avvenga.








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