2016-07-07 14:36:00

Vatileaks2: attesa la sentenza. Ascoltata ancora Chaouqui


Si attende la sentenza per il processo in Vaticano, iniziato a fine novembre 2015, per appropriazione e divulgazione illecita di documenti riservati. In queste ore i giudici sono in Camera di Consiglio. Questa mattina c’è stata la possibilità di brevi dichiarazioni da parte dei 5 imputati, ma ha parlato solo Francesca Immacolata Chaouqui. I due giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, insieme al Segretario di Cosea mons. Vallejo e il Segretario esecutivo Nicola Maio, hanno scelto di non fare altre deposizioni. Ieri il Promotore di Giustizia aggiunto Zannotti ha detto che questo non è un processo alla libertà di stampa, mentre gli avvocati di Maio, Fittipaldi e Nuzzi hanno chiesto l’assoluzione per i propri assistiti, contestando tutti i capi d’accusaMassimiliano Menichetti:

Francesca immacolata Chaouqui, per cui l’Ufficio del Promotore di Giustizia ha chiesto la pena più alta, tre anni e nove mesi di carcere, si scusa con la Corte per “alcune ultime dichiarazioni che non rispecchiano” il suo “pensiero”. “Avrei dovuto tacere - dice - sono una persona con molti difetti”, si definisce “orgogliosa, rabbiosa”, afferma che “ha commesso errori”. Dichiara che ha parlato alla stampa durante il procedimento "per salvaguardare” la sua “immagine”, “dalla quale dipende" il suo “lavoro”.

Stima per operato Corte
Esprime stima per l’operato del Tribunale e sottolinea che si è resa “sempre disponibile in ogni fase del procedimento” e che ha “partecipato a tutte le udienze, nonostante la gravidanza”. “Se la Corte mi condannasse e chiedesse all'Italia l'esecuzione della sentenza - aggiunge - io e mio figlio passeremmo i primi anni della sua vita in galera".

Un calvario
Si commuove e con la voce rotta dal pianto, dice che “questi mesi sono stati un calvario” e che “qualunque sentenza non sarà peggiore” di ciò che ha “affrontato”. Afferma di aver dovuto gestire la distruzione “della sua immagine professionale, personale, di donna, mamma ed essere umano”.

Il rischio della famiglia distrutta
Punta il dito contro mons. Vallejo e - dice - che “le sue bugie hanno rischiato di distruggere” la sua “famiglia”. Si riferisce a quando venne pubblicato l'articolo che la “dipinge come l'amante del monsignore”. “Non erano carte uscite dagli avvocati o dalla Gendarmeria" dichiara. “Ho provato rabbia" –prosegue – e spiega che ha deciso di andare in tv e sui giornali per “raccontare la verità”.

L’archivio ai giornalisti
L’imputata non riesce a trattenere le lacrime: “non è da me” - afferma. Nega ancora una volta di aver passato documenti ai giornalisti. E afferma che non sapeva che mons. Vallejo “avrebbe preso e consegnato l'archivio” ai cronisti dopo averli conosciuti.

Interrogatorio in Gendarmeria
Torna sul Vatican Asset Management e sottolinea che nel primo interrogatorio in Gendarmeria, in cui disse di aver passato il documento a Nuzzi, si “riferiva alla sola rassegna stampa” che includeva il Vam. Sottolinea di essersi recata a ottobre presso il Corpo vaticano con l’intenzione di fornire informazioni, di collaborare “per la ricerca della verità e non certo nella consapevolezza” che sarebbe “stata arrestata”. ”Era come se i gendarmi – sostiene - fossero già convinti della mia colpevolezza”.

La pena maggiore
Aggiunge che “il Promotore di Giustizia non ha mai distinto i tempi sui fatti per i quali è stata chiesta” la sua “condanna”, “come se” la donna avesse avuto un progetto, “un disegno ancor prima di entrare in Cosea”. “Ma non è così” – rimarca Chaouqui. Smentisce di aver minacciato mons. Vallejo e rileva che per lei è “stata chiesta la pena maggiore, come se” avesse “costruito tutto da sola”.

Il messaggio dell’8 agosto
Torna sul messaggio di insulti al monsignore inviato l’8 agosto 2015. Precisa che era in vacanza in Cambogia e che fu una reazione ad un altro messaggio che le era stato girato e in cui il prelato “parlava di lei in una cena”. Rimarca che l’ex Segretario Cosea aveva “mandato le password dei documenti a Nuzzi già dal 15 aprile” e che l’imputato “ha sempre cercato di prendere” i suoi "contatti” e di conseguenza ebbe “una reazione rabbiosa", poi evidenzia: “Non ho mai minacciato o fatto del male”. Ammette di aver commesso tanti errori, come quello di “non aver riferito ai superiori quello che” stava “vedendo".

Mai diffonderò documenti
Chaouqui sostiene che ha “sempre agito nell'interesse della Santa Sede” e che se avesse voluto consegnare documenti riservati, non ci sarebbe stato motivo di fare pressioni sul prelato o di “aspettare due anni” perché aveva ed ha ancora i documenti. “Potrei uscire da qui e darli a chi voglio - dice - ma non lo farò mai".








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