2016-07-12 11:12:00

Lombardi: continuo a servire la Chiesa, i religiosi non vanno in pensione


Grande eco sulla stampa internazionale per la nomina di Greg Burke come direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Il giornalista statunitense succede a padre Federico Lombardi che, dal momento dell'annuncio della fine del suo incarico, sta ricevendo la gratitudine di tantissime persone, giornalisti e non solo per il suo straordinario servizio di portavoce vaticano. Al microfono di Fabio Colagrande, padre Federico Lombardi confida i sentimenti con i quali sta vivendo questo momento e torna ai momenti più significativi dei suoi 10 anni alla guida della Sala Stampa:

R. – Non c’era alcuna sorpresa onestamente per me! Intanto prima o dopo mi sembrava assolutamente chiaro che il mio compito dovesse terminare. Non siamo eterni… Io avevo manifestato più volte al Papa, anche nel corso di questi tre anni, la piena disponibilità a fare il servizio che potevo fare, ma anche ad ogni decisione che venisse presa in vista di un avvicendamento in questo compito.

D. – Abbiamo sentito, in un’intervista proprio alla nostra emittente, Greg Burke parlare di paura rispetto al compito che ora lo attende. Come commenta queste parole?

R. – Un po’ di timore – diciamo così – reverenziale di fronte ad un servizio impegnativo, che riguarda la persona del Papa e la vita della Chiesa, è sempre comprensibile. Ma tutti noi sappiamo di avere dei limiti e se siamo chiamati a svolgere un compito abbiamo fiducia che il Signore ci aiuti a svolgerlo e che chi ci ha dato questo compito abbia pensato bene a chi lo stesse dando. Quindi, dobbiamo sentirci in un clima di fiducia e di speranza. Naturalmente molte cose si imparano… Anche io, 10 anni fa, tante cose di questo servizio non le conoscevo assolutamente e quindi potevo avere delle incertezze o delle difficoltà a trovare i riferimenti giusti o le informazioni necessarie. Poi si cammina, si fa strada, si impara, si assume anche una maggiore sicurezza e tranquillità nel compiere il proprio lavoro. Quindi questo è un cammino normale di ogni tipo di compito: non è che uno si aspetti che si cominci già al top di tutte le esperienze, le conoscenze e le capacità. Si fa strada! Penso che sia per Greg Burke, sia in particolare anche per Paloma Garcia Ovejero, che comincia così giovane, sia una bella esperienza in cui si troveranno certamente aiutati. Io ho trovato sempre una grandissima disponibilità da parte di tutti, nel mondo vaticano, nella Curia per le necessità di informazioni o di consigli che venivano richiesti. Non ci si muove  in un mondo in cui la gente ha il fucile puntato contro di noi: direi proprio di no! Anche nel mondo giornalistico, che i nostri due colleghi dovranno servire, trovano molta simpatia – mi sembra – in partenza e molta stima e fiducia. Quindi possono essere del tutto sereni.

D. – In dieci anni, lei ha avuto il privilegio di seguire da vicino il Pontificato di Benedetto XVI, poi i primi anni del Pontificato di Papa Francesco. Quali sono i momenti più difficili, più duri, che ha vissuto come portavoce vaticano?

R. – Tutti possono ricordare – anche un po’ dalla cronaca – quali possono essere stati i momenti vissuti con un po’ più di tensione e di criticità… Quello che io dico, in generale, è che l’esperienza anche un po’ più dolorosa che ho potuto vivere è stata quella del seguire e del partecipare a tutte le vicende del dibattito, anche pubblico, sulle questioni degli abusi sessuali: una cosa naturalmente molto dolorosa. Vi ho partecipato con profonda intensità, vorrei dire, sapendo che era il cammino di purificazione della Chiesa, di cui Papa Benedetto ci ha tanto parlato e che dovevamo compiere; ho cercato anche di dare un po’ il mio contributo, in collaborazione con altri, perché si facessero passi avanti nel senso anche della chiarezza, della trasparenza, della verità nell’affrontare questi temi, in modo tale che effettivamente queste cose possano non avvenire più o per lo meno che possano essere affrontare nel modo più corretto, tempestivo e profondo fin dall’inizio. Anche altri momenti, come quelli delle fughe di documenti riservati o di tensioni interne al Vaticano, sono stati momenti naturalmente anche di una certa sofferenza: e non perché siano difficili dal punto di vista professionale – uno dice la verità e dice le cose che ha da dire e quello non è difficile! – ma la questione è che lì si vive anche con una certa partecipazione di sofferenza, ma con la consapevolezza che, anche nella dimensione della comunicazione, si compie il cammino per migliorare, per rispondere, per fare strada verso la verità e verso una visione più adeguata, più completa dei problemi e più serena. Aiutando anche i colleghi e il mondo circostante ad avere questa comprensione dell’umanità, anche dei limiti; ma anche sempre della missione positiva che la Chiesa ha, nonostante le debolezze umane di tanti che ne fanno parte.

D. – Come ci si sente a pensare che dal primo agosto il suo telefonino non sarà più bombardato da messaggi, richieste, telefonate ad ogni ora del giorno?

R. – Io credo che cambi il tipo di servizio che uno compie, ma non penso proprio di andare in pensione! Questa è una parola che non esiste per un religioso, che cerca di essere a disposizione del servizio di Dio e della Chiesa in tutta la sua vita, ogni giorno. Quindi se non saranno le chiamate di giornalisti che chiedono una risposta su una questione urgente, probabilmente ci saranno altre chiamate o altri rapporti, a cui uno cercherà di rispondere con tutto il cuore.








All the contents on this site are copyrighted ©.