2016-07-12 13:27:00

Scontri in Kashmir: almeno 32 morti e centinaia di feriti


Violenti scontri nella valle del Kashmir dopo l’uccisione di un leader del gruppo separatista Hizbul Mujaheddin per mano dalle truppe indiane. L’ultimo bilancio, di 4 giorni di violenze, è di almeno 32 morti e centinaia di feriti. Il premier indiano Modi ha convocato un vertice a New Delhi per valutare lo stato di emergenza. Sullo sfondo l’annoso conflitto tra India e Pakistan per la contesa regione del Kashmir. Gioia Tagliente ha intervistato Francesco Brunello Zanitti, direttore dell’istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliare (Isag):

R. – La situazione attuale è di estrema violenza perché il conflitto in Kashmir rappresenta una questione che risale a molti anni fa e l’uccisione del leader del gruppo Hizbul Mujahideen lo scorso venerdì, 8 luglio, ha riacceso gli animi dei manifestanti a favore dell’indipendenza del Kashmir. Quindi è una situazione abbastanza tesa anche se bisogna dire che si tratta di una questione che ciclicamente si ripete nel corso degli anni.

D. - Quali sarebbero i presupposti per una pace stabile?

R. - Il nocciolo della questione riguarda l’indipendenza del Kashmir e una situazione di stabilità di pace tra India e Pakistan. Questi due elementi al momento sono impossibili.

D. - Come mai?

R. - L’India considera il Kashmir un territorio che fa parte della propria unione di Stati e quindi l’idea di un Kashmir indipendente è assolutamente impossibile. Un punto che potrebbe avvicinare ad una stabilità dell’area è un dialogo tra India e Pakistan favorendo una situazione di fatto, ossia la divisione tra due aree tra il Kashmir occupato dal Pakistan e il Kashmir che fa parte dell’India, perché oramai dal 1947 la situazione è tale.

D. –  La situazione umanitaria del popolo è difficile in quanto vive il coprifuoco …

R. - È uno dei problemi che si verifica ciclicamente, perché nel momento in cui ci sono questi episodi di violenza, le prime persone che subiscono danni materiali, umani e quant’altro sono appunto le persone comuni. Proprio oggi il primo ministro Modi sta lavorando ad un meeting di emergenza. Può essere una soluzione solamente nel breve periodo che non porterà ad una soluzione della questione generale.

D. - Quanto influiscono gli attori interazionali in questo contesto?

R. - In questa situazione hanno un ruolo limitato perché India e Pakistan tendono a veder la questione del Kashmir a livello bilaterale. Gli stessi Stati Uniti già dopo poche ore dall’accaduto di venerdì scorso hanno dichiarato che la questione del Kashmir è un problema interno all’India; questo anche per non irritare il governo indiano. Comunque credo sia necessario un intervento anche generale da parte della Comunità internazionale, ma sembra che i due Paesi siano totalmente contrari ad una presenza, ad un’azione concreta da parte di altri attori e tra i due, soprattutto l’India.

D. - Come mai secondo lei?

R. - Perché l’India controlla un territorio a maggioranza musulmana e un’eventuale perdita di controllo dell’altro territorio - controllato dal Pakistan - causerebbe la perdita di valore di una questione nazionale che va avanti dal 1947, quindi metterebbe in dubbio tutto quel sistema, quegli ideali nazionali che hanno causato anche una serie di guerre. Quindi secondo me è anche un discorso legato all’orgoglio nazionale e ad un’idea di potenza che l’India ha mantenuto nel corso degli anni in Asia Meridionale. Quindi un intervento da parte di attori esterni nel subcontinente indiano viene visto come un ipotetico ostacolo al proprio potere generale in Asia Meridionale.








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