2016-07-13 15:20:00

Chiese Sud Sudan: appello per la fine dei combattimenti


Le Chiese cristiane in Sud Sudan sono “profondamente preoccupate” dalla ripresa delle violenze tra i soldati fedeli al presidente Salva Kiir e le milizie legate al suo vice Riek Machar. In un messaggio diffuso domenica sulla radio, a nome a nome di tutti i leader cristiani, il segretario generale del Consiglio delle Chiese (Sscc), padre James Oyet Latansio, richiama  “militari e civili ad astenersi da qualsiasi provocazione” e i leader politici “ a fare il possibile per fermare l’escalation”.

Il tempo del ricorso alle armi è finito
“Non esprimiamo alcun giudizio su come e perché sono avvenuti gli scontri armati e sulle responsabilità, ma rileviamo con preoccupazione che negli ultimi tempi si sono verificati diversi incidenti e che la tensione cresce ”, si legge nel testo che condanna senza distinzione tutte le violenze: “Il tempo del ricorso alle armi è finito ed è giunta l’ora di costruire una nazione pacifica”.  I leader cristiani esprimono il loro apprezzamento per l’appello alla calma rivolto in questi giorni dai due ex-rivali  Salva  Kiir  e Riek Machar, ma allo stesso tempo rilevano che, purtroppo, le uccisioni non si sono verificate solo nella capitale, ricordando tra le vittime suor Veronika Theresia Rackova, la missionaria verbita slovacca uccisa lo scorso maggio nella diocesi di Yei da colpi di arma da fuoco sparati da alcuni soldati. Il messaggio conclude assicurando le preghiere delle Chiese per il Paese ed esortando nuovamente alla calma e alla speranza.

Un messaggio di speranza dai vescovi per l’anniversario dell’indipendenza
E un messaggio di speranza e incoraggiamento è stato lanciato anche dai vescovi del Sud Sudan, alla vigilia della celebrazione del quinto anniversario dell’indipendenza del Paese conquistata il 9 luglio 2011  e dopo la costituzione lo scorso aprile del nuovo Governo di unità nazionale. “Non abbiate paura — sottolineano i presuli — alzatevi sopra le avversità. Siate pronti ad impegnarvi per la pace e per il bene comune”. L’episcopato, inoltre, invita a uscire da una logica di guerra per promuovere una nuova cultura di pace e di riconciliazione: “Non c’è una guerra giusta, è necessario piuttosto un approccio a una pace giusta”. Allo stesso tempo però si denunciano quelli che sono gli ostacoli al dialogo e a una vera ricostruzione: “Dobbiamo sfidare la cultura militarista in Sud Sudan, dove perfino i civili portano armi da guerra. Condanniamo il commercio di armi che alimenta la guerra”. (L.Z.)








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