2016-07-18 13:50:00

Centrafrica. Parroco cattedrale: chi non vuole la pace non vincerà


In Centrafrica, la situazione continua a restare tesa dopo gli ultimi episodi di violenza che fanno temere un riaccendersi del conflitto civile. Numerosi progetti umanitari sono stati sospesi, mentre la siccità sta creando nuovi problemi ad una situazione economica già difficile. Sergio Centofanti ne ha parlato con don Mathieu Bondobo, parroco della Cattedrale di Bangui, che durante il viaggio del Papa nel Paese, nel novembre scorso, ha tradotto nella lingua locale, il sango, le parole di Francesco:

R. – La situazione ora è un po’ fragile: a volte ci sono degli episodi violenti, che fanno compiere un passo indietro nella ricerca della pace in Centrafrica. Ma riguardo a tutto questo, devo dire in modo chiaro che dalla visita del Santo Padre in Centrafrica la situazione è migliorata molto: ci sono tanti impegni e tanti sforzi in favore della pace, anche se – ripeto – la situazione è ancora fragile. Però ci auguriamo che un giorno arriveremo a questa pace, tanto desiderata dal popolo del Centrafrica.

D. – Perché ci sono queste tensioni?

R. – Bisogna dire anche la verità: c’è gente che non vuole la pace; c’è gente che – in modo paradossale – vuole la guerra, perché vivono bene. Io ricordo bene quello che il Santo Padre ci diceva: la pace è una cosa artigianale e ci vuole quindi l’impegno di tutti quanti. Ma bisogna trovare il modo per costruire dei ponti per riuscire ad entrare in dialogo con quelli che non vogliono la pace.

D. – C’è chi vuole strumentalizzare la religione. Qual è il rapporto, oggi, tra cristiani e musulmani?

R. – Il rapporto tra cristiani e musulmani in Centrafrica è da sempre un rapporto pacifico e siamo sempre riusciti a coabitare. E’ vero che questa guerra è strumentalizzata, ma è anche vero che riusciamo sempre a non dimenticare la storia di questo popolo: ricordare la propria storia è un fatto molto importante. Nella storia siamo sempre riusciti a vivere insieme e quindi perché dobbiamo combatterci ora? Credo che la visita del Santo Padre sia stata un momento molto forte per far capire ad ogni religione il proprio ruolo nella società: il Papa è venuto non solo per i cattolici, ma per tutti quanti! E’ venuto dai cattolici, è andato dai protestanti, è andato dai musulmani: un modo per dire che siamo fratelli. E il Santo Padre lo ha ripetuto in modo forte: “Siamo fratelli, figli dello stesso Dio”. E questo aiuta la religione ad essere al di sopra di tutto quello che succede. Perché se la religione è in favore della guerra, è la fine della religione stessa: la religione vuole la pace, perché Dio è pace!

D. – Da un punto di vista umanitario, qual è la situazione?

R. – Ci sono ancora dei seri problemi, perché c’è ancora gente che vive fuori dalla propria casa, perché la casa è distrutta e non sa dove andare. Quindi di campi di fortuna ce ne sono ancora nella capitale, vicino all’aeroporto, nella parrocchia di San Salvatore; anche nel Seminario Maggiore ci sono ancora delle persone che vivono lì… La situazione umanitaria – secondo me – è ancora critica e c’è molto da fare. Però la speranza di arrivare ad una situazione migliore c’è sempre! Ricordo quello che un mio amico italiano mi diceva un giorno: non si può costringere un popolo a vivere senza speranza, perché è peggio della schiavitù. Quindi la speranza ce l’abbiamo ed è per questo che stiamo lavorando tanto, per dare a quelli che hanno perso casa e una vita dignitosa. La speranza di uscire da questa situazione c’è ed è quello che fa vivere la gente.

D. – C’è il pericolo che riesploda la guerra?

R. – Il pericolo c’è, è vero… Però sarà difficile arrivare proprio alla guerra, perché abbiamo vissuto delle cose terribili e nessuno vuole fare un passo indietro per rivivere queste cose. Il pericolo c’è perché ci sono ancora armi, c’è tanta gente che possiede in modo illegale le armi e non siamo arrivati a disarmare queste persone. E quindi il fatto di avere le armi è già un pericolo. Però – ripeto – nessuno vuole fare un passo indietro, perché abbiamo vissuto delle cose terribili in Centrafrica. Quindi sì, il pericolo c’è, però il bene che abbiamo nel nostro cuore trionferà sul male. 








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