2016-07-18 11:23:00

Usa: al via convention Repubblicani, tensione dopo Baton Rouge


Ha preso il via oggi a Cleveland, in Ohio, la convention dei Repubblicani per  ufficializzare la candidatura di Donald Trump alla Casa Bianca. Ingenti le misure di sicurezza per l’appuntamento che dura quattro giorni, con la partecipazione di almeno 50 mila persone. Intanto, sul fronte delle indagini emerge che il killer di Baton Rouge aveva "certamente come obiettivo la Polizia". Lo ha confermato il colonnello Mike Edmonson della Polizia della Louisiana dopo la nuova strage di 3 agenti uccisi da un ex marine afroamericano sulla scia di quanto accaduto a Dallas e Orlando. ''Dobbiamo far approvare una riforma delle armi, che sono la principale causa di morte fra gli afroamericani'', dice, intanto, Hillary Clinton, sottolineando che c'e' bisogno anche di una riforma della giustizia penale. Ma quale sarà l’impatto sulla sicurezza dopo i tragici fatti di Baton Rouge? Eugenio Bonanata ne ha parlato con Tiziano Bonazzi, docente di storia americana all'Università di Bologna:

R. – L’impatto delle vicende di Baton Rouge, prima ancora di quelle di Dallas, è stato violentissimo negli Stati Uniti e non ha fatto altro che dividere ulteriormente un’America che è già spaccata. Trump ha scelto una strada diretta, immediata perché ha capito che ormai tra lui e i Democratici c’è uno scontro ideologico. Per cui si è dichiarato il candidato “law and order”, cioè il candidato che difenderà ad ogni costo l’ordine e la legge negli Stati Uniti, anche se poi la cosa non è facilissima, perché i poteri dei presidenti americani sulle polizie locali è assolutamente nullo.

D. – Quale sarà, invece, l’impatto della Convention dei repubblicani a livello di ordine pubblico?

R. – Trump è sempre stato molto violento verbalmente nei confronti dei suoi oppositori ai suoi discorsi e alle sue manifestazioni; ha sempre avuto dei vigilantes che hanno escluso ogni possibilità di dissenso. Questo è piaciuto: diciamo la verità. Questo, a moltissimi americani, è piaciuto! Lo stesso avverrà alla convenzione di Cleveland, nel senso che ogni opposizione, ogni voce dissidente sarà quasi certamente messa ai margini o addirittura zittita completamente. Naturalmente, c’è una cosa molto nota: si può circolare armati, alla convenzione, ma anche questo fa molto piacere alla base repubblicana e la fa sentire più sicura. Questo è il paradosso... E’ evidente che la cosa non potrà far altro che approfondire il solco fra gli americani o – se vuole – tra le due Americhe.

D. – Professore, qual è il valore politico della Convention dei repubblicani?

R. – Il valore della Convention è sempre estremamente alto: questo è il momento in cui i partiti americani che sono – come si sa – estremamente decentrati, sono più coalizioni di partiti statali se non addirittura di partiti locali, arrivano finalmente ad avere una loro unità attorno al nome del candidato. E questo è anche una conseguenza del presidenzialismo al posto del parlamentarismo: un candidato-presidente è un candidato attorno a cui si debbono unire i tanti rivoli, se non i tanti fiumi, che compongono sia il Partito Repubblicano che il Partito Democratico.

D. – Cosa dire dell’assenza annunciata di diversi personaggi importanti del mondo repubblicano?

R. – Vuol dire che sono totalmente sconfitti e per il momento fuori da partito; nel senso che sono stati fatti fuori completamente alle primarie, hanno cercato di mettere in piedi un movimenti anti-Trump che avesse un qualche peso all’interno della convenzione e hanno assolutamente fallito, per cui non avranno spazio, non avranno voce, non avranno voti all’interno della convenzione. Il Partito Repubblicano, come è al momento – come dicono i commentatori americani – è “trumpified”, cioè reso del tutto simile a Trump.

D. – Cambierà la retorica nei confronti degli avversari democratici?

R. – Sono cose che vengono decise dagli strateghi elettorali e essere uno stratega elettorale negli Stati Uniti è una professione assolutamente specializzata: è difficile dirlo. La cosa che sappiamo è che negli ultimissimi tempi – e lo si è visto proprio nella “platform” – Trump si è molto avvicinato alle ali estreme del Partito Repubblicano e anche la scelta come candidato vicepresidenziale del governatore dell’Indiana, Mike Pence, che è un vecchio conservatore estremamente noto ed estremamente importante all’interno del partito, non ha fatto altro che consolidare il conservatorismo estremo che era stato espresso dal movimento “Tea Party” e non solo, ma in generale è espresso da quella rivolta di base contro tutto ciò che è “élite”, contro tutto ciò che non è popolano, contro tutto ciò che non riflette la pancia profonda del Paese e dei Repubblicani, che abbiamo visto manifestarsi.

D. – Qual è per il momento la posizione dei Democratici e della Clinton?

R. – La Clinton, la stanno grigliando a fuoco lento: questo è il punto. In una situazione estremamente difficile, estremamente complessa sia per lo scandalo delle e-mail in cui sicuramente ha commesso non solo degli errori ma molto probabilmente qualcosa di peggio, e questo la indebolisce; secondo, lo scontro razziale violento che si è manifestato negli ultimi tempi negli Stati Uniti sicuramente non farà altro che consolidare attorno a lei la minoranza nera, ma le renderà sempre più ostile una parte crescente dell’opinione pubblica bianca, non solo quella che era già repubblicana ma forse anche parecchi indipendenti, spaventati dall’assenza di ordine, da questa rivolta di base. Certo, può avvenire anche il contrario: tutto dipende da come si svolgerà la campagna elettorale. Sicuramente, queste sono le elezioni più polarizzate nella storia americana da decenni; forse le più polarizzate e le più ideologizzate in assoluto.








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