2016-07-19 15:25:00

Turchia: intimidazioni su minoranze, attaccata chiesa don Santoro


I servizi segreti informarono l’esercito turco del golpe già nelle prime ore di venerdì scorso, e lo stesso presidente Erdogan, racconta oggi, di essersi messo in salvo rapidamente dalla sua casa di Marmaris. Intanto restano forti le accuse di complotto contro l'imam Fethullah Gulen, in esilio in Pennsylvania, di cui Ankara chiede l’estradizione con l’invio di diversi dossier in America. E oltre alle continue epurazioni - inclusi più di 400 tra imam e docenti di religione per il sospetto di legami con la rete di Fethullah Gulen, ci sono anche intimidazioni sulle minoranze. E’ accaduto a Trebisonda con danni alla chiesa dove è stato ucciso don Andrea Santoro nel 2006 e a Malatya in una chiesa protestante. Clima e timori sociali li racconta da Istanbul il corrispondente dell’Osservatorio Balcani e Caucaso, Dimitri Bettoni. L’intervista è di Gabriella Ceraso:

R. – I sostenitori di Erdogan, i più conservatori, i più nazionalisti, in questo momento si sentono estremamente galvanizzati e questo protagonismo, però, si traduce anche in una serie di azioni molto molto a mio modo di vedere gravi, aggressioni, linciaggi … sono state assaltate, per esempio, sedi di partiti di opposizione, sono stati aggrediti anche ragazzi proprio nel mio quartiere semplicemente perché la sera successiva al colpo di Stato, prendevano un po’ di fresco e bevendo qualche birra sul lungomare. Ci sono state aggressioni anche a quartieri di minoranze politiche e di minoranze etniche, quali possono essere ad esempio gli aleviti.

D. – Che aria si respira e cosa dice la gente?

R. – Sicuramente c’è una sensazione di vuoto, di insicurezza, nel senso che quello che sta accadendo non è finito, cioè le conseguenze sono tuttora in corso. La tendenza generale è che il sostegno al governo sia ancora molto, molto forte presso l’opinione pubblica. D’altra parte è anche vero che le opposizioni in questo momento non si sentono sicure a manifestare apertamente …

D. – Invece, tutto il mondo intellettuale, inclusi i giornalisti, che cosa fa in questo momento? Può parlare? In che termini lo fa? Avete qualche timore in più?

R. – La maggior parte dei media, anzi, la quasi totalità dei media si è schierata contraria al golpe; però ci sono stati giornali, siti, giornalisti che hanno anche messo in guardia la popolazione dalle possibili derive autoritarie. Anche questo tipo di reazioni vengono in questo momento considerate come pubblicità al golpe e questo ha portato, ad esempio, alla chiusura di circa una ventina di siti di informazione, ha portato all’arresto di una giornalista piuttosto di spicco, e ha portato – ad esempio – anche alla restrizione di movimento nei confronti dei giornalisti. Altra cosa molto grave, a mio parere, è come certe testate e certi nomi di giornalisti in Internet e in particolare su certi “social media”, siano oggetto di una vera e propria campagna di diffamazione denigratoria. Questo è pericoloso perché rischia di mettere queste persone nel mirino di alcuni tipi di reazioni violente.

D. – Nel mirino di questo clima incandescente sono finiti anche i cristiani: chi è che intimidisce, e perché?

R. – Sì, purtroppo ci sono notizie di questo tipo che riguardano un po’ tutte le minoranze in Turchia, che è un Paese che tra minoranze etniche e religiose ospita 35 diversi gruppi. Quello che il governo sta facendo in questo momento non aiuta a creare un clima di distensione; il fatto di chiamare continuamente  in strada i propri sostenitori, nel momento in cui dovrebbe essere il governo a tornare a gestire la cosa, significa di fatto anche aizzare i peggiori istinti interni alla popolazione. C’è sicuramente un problema di radicalizzazione dei movimenti religiosi che rischia di sfociare, appunto, in queste azioni intimidatorie. E’ un problema che rischia di sfociare, appunto, in queste azioni intimidatorie; è un problema che non è recente in Turchia …

D. – E’ cambiato qualcosa nella sua professione, dopo essere stato testimone di quanto è accaduto? Ha qualche pensiero particolare, anche nei confronti delle prospettive future?

R. – Il fatto che io non sia un cittadino turco e che il mio pubblico privilegiato sia quello italiano, in parte mi protegge. Sono invece più preoccupato per colleghi che cercano di fare informazione qui, nel Paese, perché diventano facilmente oggetto e bersaglio di intimidazioni verbali e fisiche.

D. – Quindi, raccontare quello che effettivamente succede è diventato molto più difficile?

R. – Sicuramente sì; ma questo sta accadendo da molto e il tentato colpo di Stato andrà ad aggravare la situazione. Non sono assolutamente ottimista che questa supposta difesa alla democrazia popolare poi si tradurrà in effettiva democrazia funzionante …








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