2016-07-20 16:07:00

A 30 anni da incontro Assisi: Islam educhi più chiaramente alla pace


A trent’anni dalla storica Giornata di preghiera delle religioni per la pace convocata da Giovanni Paolo II nel 1986 ad Assisi, si terrà nella città umbra dal 18 al 20 settembre un nuovo incontro internazionale per la pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. L’iniziativa, presentata questa mattina a Perugia, prosegue sul solco tracciato da Papa Wojtyla per dare risposte alle violenze e ai contrasti che attraversano il mondo di oggi. Su questo incontro, intitolato "Sete di pace", Christine Seuss ha intervistato il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo:

R. – Nel 1986 la questione centrale era la Guerra Fredda: il mondo era diviso ancora in due blocchi e c’erano tante guerre o focolai di guerre provocate da questa Guerra Fredda. Per questo Giovanni Paolo II volle ribadire il ruolo decisivo delle religioni per la pace. Fu un discorso profetico, perché poi – come  si vide - negli anni successivi non solo cadde il Muro di Berlino, ma ci furono tante paci nate da questo impegno anche delle religioni. Io penso al 1992, alla pace in Mozambico: dopo tanti anni di guerra e più di un milione di morti, fu mediata proprio da una comunità cristiana – la nostra – assieme alla Chiesa del Mozambico. Oppure penso ai tanti altri conflitti che sono finiti in questi anni, fino alle buone notizie che giungono dalla Colombia recentemente o alla riconciliazione tra Stati Uniti e Cuba, grazie all’opera di Papa Francesco. Quindi è stata un’idea profetica e anche geniale per un mondo in cui – purtroppo – le religioni, anche in altri contesti, sono state utilizzate come benzina sul fuoco della guerra. Oggi il contesto è quello del terrorismo, della violenza diffusa, della violenza che nasce dal narcotraffico, dalla diffusione delle armi. Quindi i religiosi che noi chiamiamo ad Assisi, saranno quest’anno chiamati a confrontarsi su questi temi e, soprattutto, sul tema del valore di continuare a pregare per la pace, di farlo di più, con più forza e con più insistenza.

D. – Quale contributo concreto per la pace  vi aspettate da questo incontro?

R. – Anzitutto, non isolare nessuna religione. Noi sappiamo che l’islam non è un problema: è una religione di pace nei suoi libri sacri, ma ha un problema nel senso che all’interno di certi Paesi, che si definiscono islamici, sono nati gruppi terroristici che stanno seminando il terrore e non solo in Europa o in Occidente, ma soprattutto in Medio Oriente. Penso in particolare alla Siria e all’Iraq. Quindi noi dovremo, anzitutto, chiedere ai nostri fratelli musulmani un impegno più forte e più chiaro su questo punto di desolidarizzazione completa della violenza da ogni tema religioso. E poi naturalmente di essere tutti più uniti per lavorare, assieme alla nostra gente e i nostri popoli per la pace: le religioni devono fare della predicazione di pace e dell’educazione alla pace un elemento molto più forte di quello che è stato finora. Devono smetterla di parlare sempre con un linguaggio poco chiaro su questo tema, ma essere molto più forti proprio sul tema della pace.

D. – Chi saranno i rappresentanti del mondo islamico e delle altre religioni che parteciperanno a questo evento?

R. – Dal mondo islamico abbiamo grosse personalità: certamente il Rettore dell’Università di al-Azhar, il Gran Muftì del Libano e di tutti i Paesi del Medio Oriente. Ci saranno anche leader dell’Asia: penso alla presenza di due leader delle due più grandi Confraternite musulmane indonesiane, che raccolgono circa 60-70 milioni di aderenti. Poi siamo molto felici di annunciare la presenza di Patriarchi delle Chiese ortodosse, primo fra tutti il Patriarca ecumenico Bartolomeo, dell’arcivescovo di Canterbury. Ci saranno i grandi leader – sia pastori che vescovi – delle Chiese luterane riformate. Parteciperanno anche personalità del mondo del buddhismo giapponese, del mondo ebraico da Israele e dall’Europa. Insomma, c’è veramente una sete di pace nel mondo: una sete che è la sete dei poveri, che è la sete della gente che soffre per la guerra e per le vittime della violenza. E penso a tante donne che sono vittime di violenza. Dunque la presenza di un numero così vasto di personalità religiose, a fianco dei popoli che soffrono, mi sembra un bel segnale per il futuro del mondo.

D. – I rappresentanti islamici che verranno sono leader che, con questa partecipazione, manifestano anche una loro disposizione al dialogo e all’apertura. Lei spera e pensa che loro possano avere un’influenza significativa, poi, su quelli che sono forse un po’ più lontani da questo dialogo?

R. – Credo che l’islam si stia confrontando con questo problema: le grandi scuole, le grandi università sono sfidate oggi da un messaggio semplificato, che è una caricatura della religione, di cui fanno uso i terroristi o i loro fiancheggiatori. Quindi, credo che anche l’islam si stia ponendo il problema - e se lo porrà anche ad Assisi – di rinnovare il linguaggio e di trovare nuove vie per toccare il cuore dei giovani, per educare alla pace. Noi saremo al loro fianco per aiutarli in questa grande battaglia di pace.

D. – Che cosa ci può dire sulla presenza di Papa Francesco?

R. – Noi abbiamo saputo recentemente che Papa Francesco già visiterà Assisi il 4 agosto prossimo, per la Festa della Perdonanza. E’ l’Anno del Giubileo e il Papa è molto impegnato a Roma per le celebrazioni giubilari. Certamente noi sentiamo la sua presenza, che sarà testimoniata in qualche modo, come c’è stato annunciato. Non sappiamo ancora quali saranno le modalità, ma certo non con la sua presenza fisica. Ma ci sarà un suo accompagnamento. Il Papa è stato aggiornato sull’evento dal prof. Riccardi recentemente ed ha espresso tutta la sua soddisfazione e il suo sostegno. Naturalmente, ci saranno anche personalità della Curia Romana o vescovi o cardinali che rappresenteranno – in qualche modo – il pensiero del Papa in questo evento. 








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