2016-07-21 11:40:00

Dacca. Una nuova chiesa cattolica per combattere l’odio


In Bangladesh il dolore si trasforma in speranza. La famiglia di Simona Monti, morta nell'attentato di Dacca del primo luglio scorso insieme ad alttre 19 persone, aiuterà a costruire una chiesa nel Paese per sostenere la piccola comunità cristiana. Il nuovo tempio sorgerà nel villaggio di Haritana, dove ci sono un centinaio di cattolici. Si tratta di un progetto promosso da Aiuto alal Chiesa che Soffre. Gioia Tagliente ha intervistato don Luca Monti, fratello di Simona:

R. – E’ stata una scelta familiare che abbiamo fatto per concretizzare questa esperienza di sofferenza che abbiamo vissuto, in uno stile di preghiera e di speranza cristiana. Vogliamo, come famiglia, che in memoria di Simona la comunità cristiana in Bangladesh, per quanto una piccola minoranza, non si senta smarrita e possa ricevere così un incentivo attraverso il nostro aiuto, perché possa crescere come comunità e soprattutto crescere anche nel dialogo e nell’incontro con le altre religioni.

D. – Qual è il messaggio che si vuole lanciare con questo progetto?

R. – C’è una frase del Vangelo che noi stiamo vivendo e che certamente ci accompagna anche in questi momenti di naturale smarrimento e di sofferenza, ed è questa Parola del Signore: “Non abbiate paura: io ho vinto il mondo”. L’augurio è quello che facciamo ai cristiani in Bangladesh: quello di potere accrescere la fiducia sulla Parola del Vangelo, e celebrando l’Eucaristia veramente possano sentire forte la presenza del Signore che già è il vittorioso Re della Pace.

D. – In Bangladesh come i cristiani vivono la propria fede, dopo l’attentato?

R. – Suppongo che stiano attraversando un momento di smarrimento e di paura. Questo è normale, perché ho visto che anche noi uomini occidentali siamo piuttosto smarriti. Tuttavia, in questi giorni ho avuto modo di incoraggiare tantissime persone trasformando l’ovvio dolore in una testimonianza cristiana. A chi mi chiedeva se è necessario conoscere il Corano per non morire, mi è sembrato opportuno rispondere: “E’ meglio conoscere il Vangelo per essere testimoni di un messaggio di amore, di riconciliazione e di speranza".

D. – Perché costruire una chiesa proprio nel villaggio di Aritana?

R. – Era uno dei progetti proposto dall’Associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Mi è sembrato opportuno scegliere questo progetto, forse per il nome di San Michele a cui sarà dedicata questa chiesa: è colui che davanti a Dio tiene in mano la spada della giustizia misericordiosa del Signore; è il protettore della Chiesa, è colui che negli ultimi tempi vincerà sul male, soprattutto sul male con la “m” maiuscola. Ed è anche un testimone di speranza, l’arcangelo Michele. Credo che questa sia una bella testimonianza. E poi, c’è forse un fatto anche più affettivo e familiare, considerando che il bambino di mia sorella si sarebbe chiamato Michelangelo, proprio in memoria del Santo arcangelo Michele.

D. – Diverse le donazioni arrivate: quanto ancora vi occorre per partire con la costruzione?

R. – Io questo non lo so. Noi abbiamo devoluto una somma di 5 mila euro, e altre piccole somme invece le abbiamo destinate ad altre associazioni caritative: penso a Medici Senza Frontiere, anche questo avrebbe reso molto contenta mia sorella.

D. – Cosa vuole dire in onore delle vittime?

R. – Credo che noi siamo allo stesso tempo vittime di un sistema che, purtroppo, ci lega all’emotività, e passata l’onda emotiva siamo veramente condannati e dimenticare sempre tutto. Il sangue di queste vittime non è semplicemente il sangue di una disgrazia, di una tragedia; io ho interpretato questo avvenimento tremendo come un versamento di sangue di testimonianza e quindi parlo di martirio. Perché non si dimentichi questo martirio, occorre che ci impegniamo tutti, proprio in memoria di queste vittime, per un mondo migliore. E vorrei che ogni cristiano possa imprimere nella propria coscienza le parole del Signore: “Venga il Tuo Regno, che è un Regno di giustizia e di pace”. Possiamo essere costruttori tutti di un mondo più giusto e fraterno.








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