2016-07-21 12:50:00

Reato di tortura: al Senato esame del ddl sospeso


E’ slittato a Palazzo Madama l’esame del ddl che mira a introdurre nell’ordinamento italiano il reato di tortura. La conferenza dei capigruppo, convocata dal presidente del Senato Pietro Grasso, ha deciso la sospensione a data da destinarsi. Il nodo centrale è rappresentato da possibili equivoci sull’uso della forza – legittimo o meno – da parte delle Forze di Polizia, affinché si garantisca a queste ultime di operare efficacemente senza rischiare nessun tipo di abuso di potere. Salvatore Tropea ha intervistato Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale.

R. – Nel disegno di legge che proveniva alla Camera, quindi siamo al ping pong parlamentare, viene messa in discussione la possibilità, da parte di chi ha ottenuto una sospensiva e quindi un rinvio della discussione, che per poter essere incriminato per il reato di tortura basti torturare una volta. Perché la parola “reiterate” che era presente nel testo e che – per fortuna – è stata tolta perché scandalosa, è stata cancellata; questo ha indignato una parte dell’opinione delle forze politiche e dello stesso ministro degli Interni per il quale quindi per esserci tortura deve esserci il “pluri torturatore”: il “mono torturatore” non sarebbe punito. Questo ovviamente è totalmente in conflitto con la definizione di tortura presente nel Trattato delle Nazioni Unite.

D. - Sono punti che possono esser limati per riuscire a trovare un accordo?

R. - Questo è difficile dirlo, perché l’obbligo internazionale risale al 1988. Quindi ci sono stati 28 anni per capire, limare, trovare compromessi, … In 28 anni abbiamo assistito ad una storia della mancata introduzione del delitto di tortura che è un po’ la storia tragica di un Paese che non mette i diritti umani e la dignità delle persone al centro. Forse ci può essere ancora una strada. Noi purtroppo siamo un po’ depressi perché ci ritroviamo ancora una volta al punto di partenza. Il punto qual è? L'esistenza di un fraintendimento, ossia credere che per tutelare le forze dell’ordine non bisogna aver il reato di tortura. Le forze dell’ordine si tutelano con il reato di tortura, secondo quanto affermano le Nazioni Unite, perché è l’unico per distinguere chi si muove nel solco del rispetto della legge da chi no, altrimenti non riusciremo più a definire un poliziotto, una persona che compie un fatto grave, una mela marcia. Se non c’è reato di tortura vuol dire che sono tutte mele marce; se c’è possiamo distinguere. Dobbiamo saltare la mediazione politica e andare a parlare direttamente con i capi delle forze di polizia, sperando che da loro arrivi un nullaosta alla legge.








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