2016-07-26 13:21:00

"Music for Mercy", concerto al Foro Romano


Per il Giubileo della Misericordia appuntamento stasera alle 21 a Roma, al Foro Romano, con il concerto “Music for Mercy”, promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi, dal Teatro dell’Opera di Roma, dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale romano e l’Area Archeologica di Roma. Il concerto celebra la musica come linguaggio universale che unisce tutti i popoli nel segno della misericordia e vede la partecipazione di artisti dei diversi continenti e diverse religioni. Luca Collodi ha chiesto a mons. Liberio Andreatta, vicepresidente e amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, perché la scelta di un sito così particolare come il Foro Romano:

R. – Particolare perché avviene in un luogo che è il centro e il cuore di tutta la storia, dal periodo dell’Età del Ferro di Remo e Romolo fino al periodo repubblicano, imperiale e cristiano. In quel sito – il sito in cui si svolgerà il concerto, che si trova di fronte al Carcere di San Pietro in cui c’è l’immagine della Madonna della Misericordia e in cui Pietro è stato carcerato, quindi un luogo di sofferenza – si ricordano le Opere di misericordia corporale, ma credo sia soprattutto una grande testimonianza nei confronti anche dei carcerati, perché nel concerto ci saranno rifugiati e carcerati. Lì c’è, proprio di fronte, il Crocefisso dei Carcerati. Quindi, fa memoria storica di tutto il cuore dell’uomo e soprattutto del cuore della cristianità.

D. – Un luogo che attraversa i secoli e che stasera unisce i popoli grazie alla musica…

R. – Sì, la musica è proprio quell’elemento che rende in maniera profonda la bellezza di un Dio che ama, di un Dio che è misericordioso. Credo che cantare la misericordia con la musica sia l’espressione più bella e che sia al di là e al di sopra delle divisioni, delle differenze di religione, di cultura, di storia: unisce i popoli, unisce gli uomini, unisce tutti coloro che lavorano e credono nel valore della pace, della solidarietà e del rapporto e del dialogo fra gli uomini e le culture.

D. – Mons. Andreatta, non si tratta però un concerto-spettacolo…

R. – No. C’è  una presenza viva e il fatto, come dicevo prima, che siano presenti i carcerati di Rebibbia, che siano presenti i rifugiati della Siria – quindi le fasce deboli – rende ancora più vivo, ancora più reale e più solidale questo momento. Loro infatti avranno i primi posti: saranno i benvenuti, come Papa Francesco ci invita a fare ogni giorno, a non escludere nessuno, ad avere attenzione per i più deboli, per i più poveri, per i più soli, per le persone che sono meno fortunate. Ecco, questa sera ci sentiremo tutti insieme, uniti da queste parole: “speranza”, “non abbiate paura”, “pace”, “amore” e cioè “bellezza”.

D. – Cosa prevede la serata?

R. – La serata sarà caratterizzata da una serie di interventi e di canzoni. Per l’Italia ci sarà Bocelli, ci sarà Carly Paoli... Ci saranno molte testimonianze. C’è il mondo universale: dall’Oriente all’America Latina, all’Africa, all’Europa, all’Oceania. Saranno presenti, in maniera universale, ebrei, musulmani, cristiani, buddhisti… Ci sarà una coralità stasera, lì, attraverso il canto, attraverso le testimonianze della parola e soprattutto la musica.

D. – Mons. Andreatta, i Fori sono un palcoscenico particolare ma delicato: si poteva trovare un’altra collocazione per il concerto preservando i resti archeologici dallo stress della folla?

R. – E’ un’opinione che va indubbiamente rispettata. Però, non possiamo fare del nostro passato un “museo a porte chiuse”. Noi non possiamo pensare che le pietre siano morte: le pietre sono vive, le pietre parlano attraverso i secoli e le sue trasformazioni.  Proprio perché è un luogo delicato, proprio perché è un luogo particolare, si incarna molto quello che è il valore della misericordia. Certo, sono state adottate tutte le misure di massima attenzione e sicurezza per cui nemmeno un filo d’erba è stata toccato, perché tutto è stato ricoperto e rivestito. Ma se dovessimo interpretare la nostra storia e il nostro passato come un museo chiuso, nel quale si vive solo un fatto di conservazione, allora non abbiamo capito niente, né dei beni ambientali né dei beni archeologici. I beni archeologici sono pietre vive che continuano a parlare, che continuano a vivere e dentro i quali si incontrano gli uomini con le proprie problematiche. Stasera, con questo concerto proprio in quel luogo così particolare come i Fori, facciamo vivere quei luoghi perché è un anno particolare, perché è un momento particolare di violenza, di guerre, di attentati. Vogliamo dire che sappiamo custodire e rispettare anche la fragilità, sappiamo – nella fragilità e nel luogo dedicato – convivere e condividere un’esperienza forte come il concerto di questa sera.








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