2016-07-28 12:52:00

Congo: il ritorno del leader dell'opposizione Tshisekedi


Dopo due anni di assenza, l’oppositore storico del governo della Repubblica Democratica del Congo, Etienne Tshisekedi, è tornato a Kinshasa dal Belgio, dove si trovava per motivi di salute. Salutato con entusiasmo da migliaia di sostenitori, l’esponente politico, 83 anni, è apparso piuttosto provato. Il Paese si trova attualmente in un clima politico incerto per le prossime elezioni presidenziali - che dovrebbero svolgersi il 27 novembre prossimo - in merito alle quali Kabila non ha ancora sciolto la riserva se si candiderà o meno per un terzo mandato consecutivo. Il Presidente è ininterrottamente al potere dal 2001. Sul significato politico del ritorno del leader delle opposizioni, Roberta Barbi ha sentito l’africanista Vincenzo Giardina:

R. - È un ritorno importante perché Tshisekedi è considerato, ormai da anni, come la figura di maggior rilievo dell’opposizione in Congo. Fondò l’Unione per la democrazia e il progresso sociale - la prima piattaforma di opposizione in Congo - nel 1982, ai tempi di Mobutu. Il significato di questo ritorno è rilevante anche alla luce delle proteste di piazza che già nel 2015 sono tornate a spazzare la capitale congolese in relazione a un appuntamento politico sul quale c’è ancora molta incertezza. In Congo sarebbero in programma il 27 novembre elezioni presidenziali. Kabila non ha sciolto la riserva su una sua eventuale nuova candidatura che l’opposizione già da tempo denuncia come incostituzionale.

D. - Le opposizioni chiedono il rispetto della Costituzione e delle scadenze elettorali, cioè di effettuare le Presidenziali entro la fine dell’anno …

R. - La richiesta delle opposizioni è questa. Per altro è una richiesta che si salda a spinte che arrivano anche dall’estero. A fine giugno, a Windhoek - la capitale della Namibia - c’è stata una conferenza dei deputati europei, africani e anche del gruppo Africa, Caraibi, Pacifico in cui è stato chiesto a Kabila di rispettare le scadenze del suo mandato che scadrà il 20 dicembre. Quindi è una pressione che non arriva soltanto dall’opposizione congolese, ma si salda anche a richieste internazionali.

D. - Uno dei punti più critici riguarda la recente decisione della Corte costituzionale che autorizza Kabila, al potere ininterrottamente dal 2001, a restare in carica fino all’elezione del suo successore …

R. - Senz’altro il Congo è, ad oggi, uno dei Paesi africani dove c’è maggiore incertezza e dove è stato ipotizzato un rischio di forti tensioni. Nel 2015, quando Tshisekedi non era in Congo, c’erano state manifestazioni di piazza e anche disordini significativi. Il suo ritorno è stato interpretato come un elemento che potenzialmente va nella direzione di rafforzare questa mobilitazione. Il problema, poi, rispetto ai Presidenti a lungo in carica è una questione congolese, ma non solo: sono tanti i Paesi africani dove I Presidenti si sono trasformati o si stanno trasformando in Presidenti a vita.

D. - Si teme anche un nuovo mandato di Kabila, nonostante i frequenti richiami al rispetto della democrazia arrivati da tutto il mondo. C’è un’alternativa concreta all’attuale Presidente?

R. - Ciò che è stato messo in evidenza da diversi osservatori è che in realtà a favore di Kabila potrebbero giocare condizionamenti esterni, in particolare l’interesse di Paesi come Rwanda e Uganda per coltan, cassiterite, materie prime strategiche, essenziali poi nel mondo dell’elettronica di oggi alle quali, secondo tesi concordanti, Paesi come  Rwanda, Uganda e non solo, hanno interesse e alle quali hanno accesso anche grazie all’alleanza con Kabila.

D. - Che ruolo gioca Kodjo,  il facilitatore del dialogo nazionale nominato dall’Unione Africana nell’aprile scorso?

R. - Su questo mi limiterei a segnalare il recente annuncio da parte di Tshisekedi  della decisione dell’opposizione congolese di non partecipare a questo forum di dialogo convocato da Kabila, anche perché la figura è ritenuta non adeguata a garantire un sereno svolgimento dei lavori.

D. - In questa situazione c’è il rischio che si acuiscano nuovamente le tensioni sociali nel Paese?

R. - Il rischio c’è ed è stato anche al centro delle preoccupazioni internazionali. I vescovi, diverse volte, hanno ammonito anche la leadership politica congolese dal compiere passi che possano compromettere la stabilità e la pace in Congo.








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