2016-07-28 15:14:00

Non è guerra di religione: mondo arabo apprezza parole del Papa


Grande risonanza ha avuto il discorso del Papa, ieri in aereo, sul barbaro omicidio del sacerdote francese. Il mondo è in guerra, ma “non è una guerra di religione”, ha detto. Dal mondo netta la condanna per questi atti di terrorismo. Debora Donnini ha chiesto una riflessione sull’importanza del discorso del Papa, a Zouhir Louassini, giornalista di Rainews, esperto del mondo arabo:

R. – Non è una guerra di religione. Adesso stavo leggendo anche i giornali arabi, che hanno citato le dichiarazioni del Papa e ho visto anche la reazione della gente sui network. Tutti sono d’accordo con il Papa.

D. – Il cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, riferendosi agli assalitori di quest’ultimo episodio in Francia, sostiene che si nascondano dietro la religione per mascherare i loro progetti di morte. Secondo lei, c’è un uso strumentale della religione?

R. – C’è una parte - lo Stato Islamico o altri - una minoranza che continua ad interpretare l’Islam a modo suo, che cerca di usarlo, come le ideologie che normalmente vengono utilizzate per difendere degli interessi. La cosa più importante, però, in questo momento è che il discorso del Papa - secondo me - è stato anche un discorso molto utile perché la risposta che sto vedendo nel mondo arabo in questo momento - quando leggo queste dichiarazioni - è molto positiva. La gente sottolinea il fatto che finalmente c’è una persona che ha capito che cosa stia succedendo realmente. Così, infatti, la vive la stragrande maggioranza dei musulmani. La gente, soprattutto le persone che vivono in Europa, vogliono vivere, vogliono migliorare la loro vita: gli interessi sono altri, non andare ad uccidere le persone. Siccome la responsabilità è sempre individuale, non vedo perché tutta una comunità debba sentirsi sotto accusa.

D. – Da parte sua, il Grande Imam di al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib, parla di terrorismo, sostenendo che gli autori di questo barbaro attacco si sono spogliati dei principi tolleranti dell’Islam, che predica la pace. Anche il presidente palestinese, Mahmud Abbas, in una lettera al Papa, condanna qualsiasi giustificazione si osi dare in nome della religione a questi atti contro l’umanità. Invece, il sedicente Stato Islamico vuole che si parli di guerra di religione. Perché questo gli fa gioco?         

R. – Gli fa gioco, perché è quello che stanno cercando di fare. C’è una trappola. In un articolo sull’Osservatore Romano ho insistito sul fatto che bisogna leggere la loro “letteratura”, perché così uno capisce che cosa vogliono. Nella loro “letteratura” sono chiari. C’è un libro che io ho chiamato il “Mein Kampf” degli jihadisti, dove è chiara la loro strategia, che porta il caos e intende portare i musulmani moderati a diventare radicali. Questi, nemmeno conoscendo l’abc della cultura islamica, si permettono di parlare in nome dell’Islam! Noi ci troviamo di fronte a questo fenomeno: persone che conoscono poco la religione islamica, non sanno inserire la storia dell’Islam nel suo contesto storico, si permettono di parlare in nome dell’Islam, in nome dei musulmani e hanno solamente una “fissa” nella loro testa: creare il caos. Certo che qualcuno ci guadagna e certo – come sempre – che le guerre si fanno per interessi. 








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