2016-07-29 15:26:00

Spadaro: silenzio del Papa "terapeutico" per il mondo ferito


Lanciare un messaggio con un silenzio che si fa preghiera. Ha mantenuto fede alle sue intenzioni, Papa Francesco, nel suo lento pellegrinaggio del dolore e della memoria tra i fili spinati di Auschwitz e Birkenau. Padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti, si sofferma sul silenzio di Francesco e sulla forza universale di questa sua parola muta. L'intervista è di Alessandro Gisotti:

R. – Sì: il messaggio di Papa Francesco è stato il silenzio; è stato anche un piccolo biglietto che lui ha scritto chiedendo al Signore pietà: “Signore, abbi pietà del Tuo popolo, perdona questa crudeltà”. Ha chiesto perdono per il popolo, quindi non si è lavato le mani davanti a questa responsabilità. Ha chiesto, quindi, come pastore perdono a Dio per tutto il popolo. Ma soprattutto, ha continuato ciò che Benedetto XVI aveva detto: davanti a questa tragedia lui, come Papa tedesco, aveva detto: “Mancano le parole”. Ecco: Francesco ha applicato questo, quindi ha voluto tenere tutta la sua visita in completo silenzio. Devo dire che si è creata attorno a lui e con lui un’atmosfera di grande concentrazione.

D. – Il silenzio, ma tanti gesti. Tanti gesti piccoli e grandi. Soprattutto colpiva l’incontro, la tenerezza anche qui con pochissime parole, con i dieci sopravvissuti della Shoah …

R. – Ha detto una parola a ciascuno, ha ascoltato, ha salutato ma ha anche vissuto tutti i momenti con grande lentezza, con grande concentrazione. Questo ha colpito. Cioè, non c’è stata fretta, non c’è stata formalità o ufficialità. Il suo ingresso è stato molto lento, e come se fosse stato una lunga meditazione. Ha colpito veramente tutti.

D. – Nella cella di San Massimiliano Kolbe, anche lì è rimasto intensamente in preghiera silenziosa. Un segno anche per dire che in un luogo di così indicibile terrore c’è una luce, c’è una possibilità …

R. – Un uomo che ha dato la sua vita per gli altri, quindi è stato un martire perché ha dato la vita per un’altra persona: questa è la luce, questo è il gesto che Papa Francesco ha voluto accogliere nel silenzio, vivere nel silenzio ma che è assolutamente eloquente specialmente oggi, in un momento così difficile per la storia del mondo dove vediamo accese guerre, tensioni che sembrano inestinguibili. Ecco, quel gesto di Massimiliano Kolbe, dare la vita per gli altri, è un gesto da accogliere nel silenzio, con rispetto e con la nostra generosità.

D. – Un’ultima domanda, in parte anticipata in quest’ultima riflessione: al di là del momento veramente storico, che messaggio può dare il Papa con questa visita, proprio in un contesto come questo in cui anche all’interno dell’Europa ci sono violenze anche, in qualche modo, inedite?

R. – Noi stiamo assistendo a una Giornata mondiale della gioventù che è una costruzione continua di ponti. Noi abbiamo giovani che vengono da tutte le parti del mondo e che insieme stanno abbattendo i muri delle differenze, costruendo appunto ponti tra di loro. Questo gesto che il Papa ha vissuto oggi ad Auschwitz, vissuto nel silenzio, a sua volta è in qualche modo un ponte, e costruisce un ponte che va sopra le miserie umane, la crudeltà, l’impossibilità – addirittura – di riconciliarsi. Il Papa ha detto che l’accoglienza che bisogna avere può superare anche l’inimicizia, la divisione, addirittura la crudeltà. Allora, anche questo silenzio è stato un ponte e devo dire anche che la cosa che ha colpito molto davanti al muro delle fucilazioni è stato il silenzio e il suo toccare con la mano quel muro lì. E’ esattamente lo stesso gesto che lui ha fatto a Betlemme su un muro. E’ un gesto terapeutico. E’ un gesto che vuole guarire. Il suo silenzio è stato un silenzio terapeutico e possiamo dire un silenzio davanti alle tragedie che stiamo vivendo nel mondo.








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