2016-08-03 16:35:00

In crescita le esecuzioni capitali, ma anche l'abolizionismo


Una crescita del numero delle esecuzioni capitali a fronte di un numero sempre maggiore di Paesi abolizionisti: questo ciò che emerge dal Rapporto 2016 sulla pena di morte nel mondo di “Nessuno Tocchi Caino”, presentato questo pomeriggio a Roma. Nel corso dell'evento è stato anche assegnato il Premio alla memoria a Marco Pannella fondatore dell’organizzazione, morto nel maggio scorso, per il suo lungo impegno nel contrasto alle pene o ai trattamenti inumani e degradanti. Nel Rapporto, i cui dati si riferiscono al 2015 e ai primi sei mesi del 2016, figurano Cina, Iran e Pakistan in cima ai Paesi che nel 2015 hanno compiuto più esecuzioni, mentre quest’anno al primo posto oltre a Cina e Iran, si trova l’Arabia Saudita. Adriana Masotti ha intervistato Sergio D’Elia, segretario di “Nessuno tocchi Caino”:

R. – Sì, e si conferma un dato generale che è quello per cui l’incremento delle esecuzioni nel 2015 e nei primi sei mesi del 2016 è stato determinato da un’escalation in due campi: la guerra alla droga e la guerra al terrorismo. L’Arabia Saudita soprattutto ha dato un contributo consistente a questa escalation, con circa 50 esecuzioni – loro dicono “per terrorismo”, in realtà si tratta di oppositori al regno saudita, e questo è un dato preoccupante. L’altro dato è quello della guerra alla droga: secondo le Nazioni Unite, i reati di droga non entrano nella categoria dei reati più gravi per cui sarebbe – tra virgolette – legittima la pena di morte. Ma il dato più generale e evidente è che il 99 per cento delle esecuzioni avvengono in Paesi dove sono negati i principi fondamentali sanciti nei Patti internazionali.  Nelle cosiddette democrazie sono l’1 per cento le esecuzioni e si contano sulle dita di una mano. Parliamo di Giappone, di Stati Uniti, di Botswana quest’anno per la prima volta, di Taiwan … insomma, la pena di morte è un problema che attiene soprattutto alle libertà politiche, ai diritti umani, al rispetto dello stato di diritto e dei principi democratici.

D. – C’è però da notare un’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte …

R. – Infatti, il Rapporto 2016 conferma un dato di fatto degli ultimi 15 anni, almeno, e cioè una tendenza ormai irreversibile verso la fine dello Stato-Caino, dello Stato-boia. Sono aumentati i Paesi che hanno deciso di abolirla, anche nell’ultimo anno e mezzo, oppure di attuare delle moratorie di fatto.

D. – Adesso c’è una grave preoccupazione per quanto riguarda la Turchia che, appunto, paventa la possibilità di una reintroduzione della pena di morte dicendo che è una richiesta che parte dalla maggioranza del popolo …

R. – Intanto, per quanto riguarda le richieste che vengono dalla maggioranza del popolo, una leadership soprattutto politica, una leadership di uno Stato dovrebbe non rispondere agli umori che possono venire dalle opinioni pubbliche, ma le opinioni pubbliche vanno orientate. La Turchia annuncia il ripristino della pena di morte: ma, io vedo molto difficile – al di là della propaganda di questi giorni – che la Turchia riesca nei tempi che modifiche costituzionali o uscita da Trattati internazionali richiederebbero, che la Turchia riesca davvero poi a passare dalla propaganda ai fatti.

D. – Non possiamo ovviamente citare tutti i Paesi, ma c’è un’area, un dato particolarmente significativo che magari possiamo sottolineare?

R. – Sicuramente il continente dove prevalentemente si pratica la pena di morte è il continente asiatico. In America ci sono soltanto gli Stati Uniti ad aver compiuto esecuzioni nel 2015: sono 28; 14 nei primi sei mesi di quest’anno. In Africa abbiamo registrato circa 60 esecuzioni, ma è il continente dove davvero la pratica della pena di morte è ridottissima. Poi c’è l’Europa dove l’unica eccezione, in un continente altrimenti totalmente libero dalla pena di morte, continua ad essere rappresentata dalla Bielorussia: nel 2015 non risulta siano state effettuate esecuzioni che però sono riprese nei primi sei mesi di quest’anno.

D. – Durante la conferenza stampa di oggi è stato presentato anche il progetto di “Nessuno tocchi Caino” per contenere la pena di morte in questi tempi in cui c'è una recrudescenza del terrorismo…

R. – Sì: è un progetto che peraltro è sponsorizzato anche dall’Unione Europea che è intitolato proprio così: “Contenere la pena di morte in tempi di guerra al terrorismo”. In particolare in tre Paesi: l’Egitto, la Somalia e la Tunisia. E’ un progetto che prevede una serie di azioni a sostegno dell’introduzione di moratorie delle esecuzioni in vista dell’abolizione, ma soprattutto della riduzione dell’uso della pena di morte attraverso il rispetto degli standard minimi internazionali in materia di giusto processo; perché spesso la pena di morte è l’esito fatale e letale di un processo ingiusto. Quindi è dire soprattutto, a questi Paesi, che certo, c’è la grave minaccia del terrorismo ma il terrorismo lo si combatte con il diritto, non con la deroga ai diritti fondamentali.








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