Non dimenticare il Sud Sudan: questo l’accorato appello lanciato da mons. Barani Eduardo Hiiboro Kussala, vescovo di Tombura-Yambio e presidente dell’Inter-Faith Council for Peace Initiative (Icpi) nella Greater Western Equatoria. “Se il Sud Sudan viene ignorato - spiega il presule, citato dall’agenzia Fides - l'ondata di profughi che raggiungono le coste europee potrebbe ingrossarsi”.
La comunità internazionale si impegni per la pace
Di qui, il richiamo alla comunità internazionale perché
faccia maggiore attenzione alla crisi del Paese e “continui a giocare il suo ruolo
chiave nel persuadere il presidente Salva Kiir e l’ex vice presidente Riek Machar
a tornare al tavolo dei negoziati e ad attuare l’accordo di condivisione del potere,
firmato nell’agosto dello scorso anno”. Il conflitto tra i due schieramenti, uno di
etnia Dinka e l’altro di etnia Nuer, si è infatti riacceso nel mese di luglio, ma
le origini risalgono al 2013, dopo un fallito colpo di Stato ai danni di Kiir, che
ha costretto oltre 2 milioni di cittadini ad abbandonare le proprie case. Secondo
dati dell’Unicef, circa 16 mila bambini sono stati arruolati forzatamente nel conflitto
armato, mentre la situazione umanitaria è sempre più critica.
Superare la cultura della violenza
“Come cristiani -
continua il presule - dobbiamo rimanere saldi
in questo momento di prova. Sarebbe facile cedere alla disperazione, ma io dico che
dobbiamo avere speranza” perché “dobbiamo ricordare che, nonostante le divisioni politiche
ed etniche nel Paese, quelli che prendono parte ai combattimenti rappresentano solo
una piccola minoranza”. Poi, mons. Kussala sottolinea che il Sud Sudan è un Paese
ricco di potenzialità “agricole, minerali e petrolifere”, ma che il suo sviluppo “è
stato costantemente ostacolato dai conflitti”. La popolazione non desidera altro che
“una vita migliore”, ma affinché ciò accada, “c’è bisogno di superare la cultura della
violenza che sta lacerando la società”.
Rispettare vita e dignità umana
“Bisogna partire dal rispetto della vita umana”, aggiunge
ancora mons. Kussala, evidenziando come, “nel percorso verso l’indipendenza del Paese”,
raggiunta nel 2011, “la Chiesa cattolica sia sempre stata presente, ribadendo il valore
della dignità umana e della pace” e lavorando “nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle
scuole per portare un cambiamento nel cuore della popolazione”: “la conversione di
ciascuno può cambiare l’intera comunità”.
La speranza è il migliore antidoto alla violenza
Infine il vescovo di Tombura-Yambio lancia un forte
appello alla speranza, definendola “il miglior antidoto alla violenza”. Insieme alla
fede in Dio, la speranza aiuterà a creare un nuovo futuro nel Paese, in cui prevalgano
la pace e l’amore per il prossimo, perché - conclude il presule - “non è mai troppo
tardi per amare, perdonare e ricostruire l’intera nazione”. (I.P.)
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