2016-08-03 14:06:00

Santa Sede: stop a barbarie contro i bambini nei conflitti


In merito al dramma dei bambini coinvolti nei conflitti, la Santa Sede auspica che tutte le parti depongano le armi e intraprendano la via del dialogo. Così mons. Simon Kassas, incaricato d’affari presso la Missione dell’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, intervenuto ieri al dibattito aperto al Consiglio di Sicurezza su questo tema. Mons. Kassas ricorda l’impegno della Chiesa, attraverso le sue strutture, nella cura delle piccole vittime. Cuore della discussione è la 14.ma Relazione annuale rilasciata dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Il servizio di Debora Donnini:

I bambini coinvolti nei conflitti. No alla distruzione di scuole e ospedali
Bambini-soldati, usati come kamikaze, a scopi sessuali o nelle più pericolose operazioni militari. Il 2014 è stata l’anno peggiore sul fronte dei bambini coinvolti nei conflitti armati, superato però dal 2015, anche per la gravità di violazioni. “Mai nella storia recente ci sono stati tanti bambini sottoposti ad una tale brutalità violenta”. Parte da questa considerazione, il discorso tenuto da mons. Kassas al dibattito aperto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Viene chiesta una condanna, nel modo più forte possibile, anche per crimini come “la deliberata distruzione delle loro scuole e ospedali” che, in totale disprezzo del diritto umanitario internazionale, è divenuta “una strategia di guerra”.

I governi devono dare seguito agli impegni presi
Il segretario generale ha parlato di progressi nella protezione dei bambini ma anche della necessità di fare molto di più, chiamando in causa i governi che, sottolinea mons. Kassas, devono dare piena attuazione agli impegni che hanno preso per mettere fine al reclutamento di bambini–soldato. “La mia Delegazione – prosegue mons. Kassas – è pienamente d’accordo con la Relazione” sul fatto che l’uso di attacchi aerei e armi esplosive, con estesi effetti in aree popolate, aggravi i pericoli a cui questi bambini sono esposti. Deve essere evitata anche  la percezione di avere due pesi e due misure, nel mettere o togliere dalla lista i responsabili, in quanto così si scoraggiano i governi interessati ad assumere impegni e piani di azione.

L'impegno della Santa Sede e di tutta la Chiesa cattolica
La Santa Sede è stata un costante partner delle Nazioni Unite nell’opporsi alle molte forme di violenza verso i bambini coinvolti nei conflitti armati. “Attraverso le sue varie strutture operanti nella maggior parte delle zone in conflitto, la Chiesa cattolica è attivamente impegnata nel prendersi cura delle vittime di tale violenza”, sottolinea mons. Kassas. Inoltre, negli anni le strutture della Santa Sede e di numerose Istituzioni cattoliche hanno collaborato con le Missioni di pace e le agenzie dell’Onu per condividere le pratiche per affrontare questo flagello. Quindi, l’auspicio che il dramma dei bambini coinvolti in conflitti porti ad un cambiamento del cuore e induca le parti a deporre le armi scegliendo, invece, “la via del dialogo”.

Centrale è il reinserimento dei bambini coinvolti nei conflitti
Vanno poi aiutate le famiglie di questi bambini sopravvissuti ai conflitti a superare i pregiudizi nei loro confronti, in particolare verso le ragazze vittime di stupro. Bisogna trovare modi per reintegrarli nelle loro comunità. Il reinserimento, infatti, è il punto centrale. Porre fine ad atti barbarici verso i bambini coinvolti nei conflitti è, poi, un dovere di ciascuno e in modo particolare del Consiglio di Sicurezza stesso.

La Relazione di Ban Ki-moon all’Onu
“E’ come se vivessero all’inferno”, aveva detto nella discussione il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, riferendosi ai troppi bambini vittime di torture, mutilazioni, abusi sessuali. I fronti più caldi sono Afghanistan, Iraq, Somalia, Sud Sudan. Ma anche Yemen, dove è quintuplicato, in un anno, il numero di minori arruolati nell’esercito e nelle milizie locali e aumentato di 6 volte quello dei bimbi uccisi o mutilati, per non parlare del sedicente Stato Islamico, che si avvale sempre più dei bambini per rimpolpare i suoi ranghi, o del gruppo fondamentalista dei Boko Haram, in Nigeria, che ha fatto esplodere 21 ragazze in luoghi affollati. Non si può dimenticare la Siria dove migliaia di minori sono morti dall’inizio del conflitto. C’è anche qualche luce che rischiara questo tenebroso panorama: nel 2015, più di 8mila bambini sono stati rilasciati e molti Paesi hanno approvato leggi per la loro salvaguardia. Passi importanti, in un mondo dove circa 250 milioni di bambini vivono in paesi lacerati da conflitti.








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