2016-08-04 13:11:00

Accoltellamento a Londra. Polizia: no matrice terroristica


Gran Bretagna. Misure di massima sicurezza a Londra dove ieri sera una cittadina americana è morta e almeno cinque persone sono rimaste ferite in un attacco a colpi di coltello avvenuto in pieno centro. Arrestato il giovanissimo aggressore sul quale la polizia afferma di non aver trovato legami con il terrorismo di matrice islamica. Le indagini comunque proseguono ed è allerta pure in Italia. Il servizio di Giada Aquilino:

Russell Square, a due passi dal British Museum. Nella tarda serata di ieri un uomo armato di coltello ha iniziato a insultare e minacciare i passanti. Quindi, ha aggredito mortalmente un’americana di 60 anni e ferito altre persone. La Polizia metropolitana ha arrestato l’aggressore, un diciannovenne con problemi mentali, norvegese di origini somale. Bloccato con l’uso di un taser, il ragazzo è stato dimesso dall’ospedale dove ha trascorso la notte piantonato ed è stato preso in custodia dagli agenti con l’accusa di omicidio. Secondo gli investigatori, il disagio mentale potrebbe essere “un fattore significativo” e “sostanziale” nel quadro dell’accaduto: non è esclusa l’ipotesi “terroristica”, anche se non ci sono “evidenze” di radicalismi islamici. Il sindaco Sadiq Khan ha esortato i londinesi a rimanere “calmi e vigili”. L'aggressione è avvenuta nella stessa area dove il 7 luglio 2005 scoppiò una delle bombe esplose in contemporanea nella capitale britannica. Proprio ieri le autorità avevano deciso di rafforzare la vigilanza armata. Lo stesso è accaduto a Roma, dopo la diffusione di un video di minacce del sedicente Stato Islamico (Is) con immagini di Piazza Navona: zone di massima sicurezza allestite attorno al Colosseo, vigilanza estesa nell'area di San Pietro, sotto osservazione chiese in periferia, centri commerciali e luoghi di ritrovo. A Varese, arrestato un siriano di 23 anni per terrorismo. Indagati tre imam genovesi. Espulso dal milanese un pakistano, ex capitano della nazionale azzurra under 19 di cricket.

Anche se la pista terroristica negli ultimi fatti di Londra non appare prioritaria, a colpire nei recenti attentati in Europa sono stati soprattutto ragazzi, direttamente o indirettamente ispirati alla propaganda del sedicente Stato Islamico. Perché dunque l’estremismo islamico sembra aver così presa sui giovani? Risponde Arturo Varvelli, responsabile dell’Osservatorio terrorismo dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), intervistato da Giada Aquilino:

R. - È un sostituto all’ideologia, cioè una sorta surrogato di ideologie del passato che erano capaci di penetrare nel quotidiano e insieme nella vita delle persone dal punto di vista ideologico. Quindi, una volta cadute queste ideologie, soprattutto il confronto tra est e ovest che le portavano avanti e le rispecchiavano anche nelle scelte delle società, queste persone sentono una sorta di ‘nichilismo’, non hanno valori. Lo Stato islamico offre loro un’identità, un sistema valoriale, con un’ideologia radicale che in qualche maniera punta alla mente delle persone.

D. - Quello mentale può essere un disagio su cui i jihadisti puntano?

R. - A loro non interessa molto se ci sia un vero processo di radicalizzazione razionale: in molti casi si tratta di persone razionali, altre volte c’è una grande parte di disagio psichico e anche su questo punta il Califfato. Non interessa molto chi sia a compiere e in quali condizioni, ma è importante l’atto. Tale atto viene ad un certo punto rivendicato, se c’è ad esempio una sorta di giuramento, che il Califfato chiede a chi compie l’attentato. Non è necessario che ci siano dei legami diretti tra lo Stato Islamico e la persona che lo compie, ma è sufficiente che questo sia fatto in nome dell’Is.

D. - In queste ore si è parlato di una sorta di intelligence dell’Is impegnata a esportare il terrorismo in Europa. Come funzionerebbe?

R. - Funziona basando tutto sulla propria propaganda che è un arma molto forte dello Stato islamico ed è fondata soprattutto sulla creazione di un mito: il Califfato. I Califfati esistevano nel passato, sono stati in qualche maniera plagiati al volere di Al Baghdadi e di questo gruppo terroristico e vengono strumentalizzati, diventando uno strumento per una scalata al potere che è innanzitutto all’interno del mondo islamico. L’Is cerca di rappresentare sé stesso come il vero paladino dell’islam. Sappiamo che naturalmente non è così. C’è una battaglia all’interno dell’islam e c’è una battaglia che viene fatta anche al di fuori dell’islam proprio per la conquista della leadership dell’islam stesso con una visione naturalmente radicale e violenta.

D. - Oltre che in Gran Bretagna e in Francia, anche in Italia cresce l’allerta. Sotto sorveglianza pure chiese di periferia, centri commerciali e luoghi di ritrovo. Perché sono divenuti obiettivi sensibili?

R. - Sono facilmente vulnerabili, sono attaccabili e sono obiettivi per i quali abbiamo visto nel recente passato si è riuscito a far poco. Si riesce a intervenire poco velocemente, poco rapidamente, perché è alto il numero delle persone esposte a questi attacchi. Sono i cosiddetti "soft target" e rappresentano una sorta di adattamento del gruppo jihadista all’elevarsi della soglia di attenzione e di contrasto nei loro confronti. Non è più necessario puntare a grandi obiettivi simbolici - l’attentato dell’11 settembre 2001 fu il primo di una serie di attentati di questo tipo - ma si può ottenere lo stesso risultato puntando a obiettivi minori che comunque sono in grado di terrorizzarci, cioè di mettere del terrore nelle nostre vite e di far sì che i nostri comportamenti non siano più gli stessi di prima. Nessuno può, naturalmente, dirsi a rischio zero. Sappiamo benissimo che non abbiamo le stesse condizioni socioeconomiche, non abbiamo le stesse seconde e terze generazioni, non abbiamo la stessa vulnerabilità di Francia, Belgio, della stessa Gran Bretagna. Sappiamo però che nessun Paese si può dire incolume da questo fenomeno, purtroppo, globale.








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