2016-08-05 12:21:00

Cacciata dei cristiani da Ninive. Sako: Medio Oriente ha bisogno di noi


Due anni fa, la notte tra il 6 e il 7 agosto, il sedicente Stato Islamico costringeva i cristiani della Piana di Ninive, in Iraq, a lasciare la loro terra: oltre 100mila persone che ora vivono sparse nel Kurdistan iracheno o in altri Paesi. Per ricordare il dramma di questi fratelli nella fede, "Aiuto alla Chiesa che Soffre" organizza nella notte tra sabato e domenica un pellegrinaggio notturno verso il Santuario del Divino Amore. Il patriarca dei Caldei Louis Raphael Sako ha lanciato un messaggio a tutti gli iracheni per liberare l’Iraq dagli uomini del Califfato. Michele Raviart lo ha raggiunto telefonicamente a Baghdad:

R. – E’ una situazione di attesa molto complicata. Alcuni hanno perso la fiducia di tornare, perché da due anni si sentono parole, discorsi, “liberiamo la Piana di Ninive”, eccetera, ma finora non c’è un piano chiaro. Allora pensano di partire. Sono molto preoccupati e continuano a vivere nelle carovane … la Chiesa ha affittato delle case e ogni famiglia ha una camera, una stanza … E’ una situazione difficile, ma noi continuiamo a sperare che questa Piana di Ninive sia liberata presto …

D. – Quanti sono, con precisione, i cristiani cacciati via e dove vivono adesso?

R. – Vivono un po’ dappertutto, ma la maggioranza vive a Erbil e nel Kurdistan. Quando sono fuggiti erano 120 mila, ma adesso alcuni sono andati in Giordania, Libano, Turchia per andare via, in Occidente. Penso però che ne siano rimasti oltre 100 mila …

D. – Lei ha lanciato un appello agli iracheni su come affrontare la minaccia dello Stato islamico e come far sì che i cristiani possano tornare a casa: quali sono le misure da prendere?

R. – La soluzione è cambiare la mentalità, ma anche la cultura. L’islam deve fare una nuova lettura (del Corano, ndr) e separare la religione dallo Stato. La terra è per tutti, la cittadinanza è per tutti, la religione è una cosa personale. Non si può fare o creare uno Stato settario, religioso: questo non funziona! Come i cristiani sono aperti – anche questo prete francese a Rouen, che ha offerto un terreno perché i musulmani potessero costruirci una moschea – anche loro devono avere iniziative simili. Dunque, rispettare la libertà di ogni persona, rispettare anche l’umanità delle persone: questo è molto importante! E’ fare giustizia per tutti, non secondo criteri settari, religiosi o etnici.

D. – Il suo è anche un appello a non farsi vincere dalla frustrazione e dalla disperazione. Ecco, in questo senso qual è il ruolo della Chiesa per questi cristiani profughi?

R. – Il Papa è stato molto prudente quando ha detto che non si può seguire la strada della reciprocità nel male. Dunque, se c’è un atto di violenza contro i cristiani, i cristiani non devono fare lo stesso. Il Papa parlava con riferimento all’attentato di Rouen: la vendetta non è una cultura cristiana. I cristiani devono sempre sperare e collaborare con gli altri per la pace e la stabilità. Loro devono anche diffondere la cultura del perdono, della riconciliazione. E noi stiamo facendo molto qui, in Iraq: siamo una minoranza ma abbiamo un impatto molto grande. La Chiesa deve sostenerci in questa testimonianza. Anche i musulmani apprezzano questa posizione dei cristiani, questa apertura, questo servizio della carità. Noi aiutiamo le famiglie sfollate sunnite e sciite: è un gesto di solidarietà, di vicinanza e di amicizia. Questo è molto apprezzato. Noi abbiamo un ruolo, abbiamo un posto qui, in Oriente: é il bene di tutti che i cristiani restino in Oriente. Non si può svuotare l’Oriente dei cristiani: sarebbe un peccato mortale!








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