La Chiesa indiana è preoccupata dalla nuova legge che vuole unificare il sistema di tassazione indiretta in tutto il Paese. Il Goods and Services Tax Bill è stato approvato dalla Camera Alta del Parlamento il 3 agosto, dopo un accordo raggiunto tra i partiti e i governi statali frutto di otto anni di trattative con il Governo centrale.
Ignorati i bisogni dei più poveri
L’obiettivo dichiarato è di semplificare il sistema
fiscale a vantaggio del mercato interno, delle esportazioni e dei consumatori, ma
secondo i vescovi, la riforma rischia di avvantaggiare solo la minoranza più benestante
del Paese. In questo senso si è espresso il segretario generale della Conferenza episcopale
indiana (Cbci), mons. Theodore Mascarenhas: “Non sono stati presi in considerazione
i bisogni e le preoccupazioni dei più poveri”, ha dichiarato all’agenzia Ucan il vescovo,
che si è detto scettico sulle reali intenzioni dei partiti. Alle sue parole fanno
eco quelle dell’’arcivescovo di New Delhi, mons. Anil Couto: “Siamo seriamente preoccupati
dall’applicazione della nuova legge e dalle sue conseguenze sulle fasce più povere
della società”, ha affermato in una nota il presule.
Una tassa regressiva che avvantaggia i
ricchi
Attualmente solo l’1 per cento dei cittadini indiani
pagano le imposte sui redditi, che sono progressive, mentre tutti indistintamente,
ricchi e poveri, pagano le tasse indirette su beni e servizi – l’equivalente dell’Iva
- che possono raggiungere anche il 20 per cento del valore dei beni. Secondo mons.
Mascarenhas, il governo “non deve caricare i poveri con altre tasse e dovrebbe invece
studiare politiche che rendano i beni di prima necessità più accessibili”. Anche
per il padre gesuita Denzil Fernandes, direttore dell’Indian Social Institute, la
riforma “favorisce i ricchi”. Essa infatti renderà, meno costosi beni come le automobili
o le cene ai ristoranti, che non sono acquistati dai meno abbienti. Prima di diventare
legge, il provvedimento dovrà essere approvato dalla Camera Bassa del Parlamento
federale, ratificato dai 29 Stati indiani e quindi promulgato dal Presidente . (L.Z.)
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