2016-08-11 12:30:00

Cile, incendiata chiesa: si cerca di sabotare dialogo con i Mapuche


In Cile, un’altra chiesa è stata incendiata nella regione dell’Araucanìa, abitata dagli indios Mapuche. Ce ne parla Sergio Centofanti:

Salgono a 17 le chiese, cattoliche e protestanti, attaccate quest’anno nel contesto della protesta degli indigeni che rivendicano i territori ancestrali, espropriati dai colonizzatori e oggi nelle mani dei latifondisti. Ma c’è chi dubita fortemente che questi attentati incendiari siano opera dei Mapuche, che la Chiesa difende e sostiene. I principali leader nazionali del gruppo etnico hanno condannato questi atti che vanno a colpire il dialogo in corso tra autorità e indigeni per risolvere la questione. Ascoltiamo in proposito Luis Badilla, giornalista cileno e direttore de Il Sismografo:

R. – Quello che si sta dicendo è che il dialogo - che registra un progresso seppur lento e graduale in quella regione dell’Araucanía, dove c’è un conflitto sulle terre da molto tempo - non piace a determinati settori agricoli, sociali, proprietari terrieri sostanzialmente, e che lo scopo di questi attacchi sarebbe quello di riprendere le prime azioni dei Mapuche di anni fa come metodo per destabilizzare questo dialogo, questi progressi che si sono registrati negli ultimi anni.

D. – I vescovi dicono che questi attacchi alle chiese colpiscono la stessa comunità dei Mapuche…

R. – Certo, lo hanno sempre detto, anche perché la Chiesa cattolica cilena da almeno un secolo è molto presente in quella regione. I Mapuche sono cattolici e la Chiesa ha una pastorale specifica per l’etnia Mapuche - noi abbiamo avuto anche vescovi di etnia Mapuche - e la Chiesa ha chiamato a distinguere i primi attentati incendiari, che si potevano attribuire ai Mapuche, e quello che invece adesso viene chiamato come l’impianto anarchico-socialista di gruppi politici estremisti. E al riguardo si ricordano fatti concreti e specifici di gruppi politici che hanno sfruttato la questione.

D. – Qual è la situazione dei Mapuche e quali sono le loro rivendicazioni?

R. – L’etnia Mapuche chiede che lo Stato cileno si riconosca come bi-nazionale, quindi che accetti anche come parte integrante della sua struttura istituzionale la nazionalità Mapuche. Ciò significa poi che tutti abbiano parità di diritti ed opportunità. L’altra questione è forse la più importante: nel 1880 - come data di riferimento - i Mapuche sono stati "sconfitti" dalla società cilena derivata dalla colonizzazione spagnola e sono stati costretti a vivere in una determinata regione, appunto l’Araucanía, e da lì in poi sono stati sottoposti a condizioni di vita infra-umane. Dunque, sono stati espropriati delle loro terre: il problema di fondo, quindi, sono le terre. Sono stati espropriati delle loro terre in modo violento.

D. – Quali sono gli interessi che girano sui territori dei Mapuche?

R. – Giganteschi, perché sono le terre migliori del Cile. Hanno un clima mediterraneo, dove si può coltivare una gran quantità di prodotti agricoli; sono terre poco urbanizzate; sono terre in pianura. Sono, quindi, forse, le migliori terre del Cile, che non ha molte terre agricole. Il Cile è molto lungo, però per la metà è deserto e per l’altra metà è ghiaccio. La zona centrale, il Centro-Sud, dove si trova l’ Araucanía, è la terra più ricca, dove è possibile tra l’altro la coltivazione intensiva e al tempo stesso l’allevamento intensivo. Sono terre sulle quali hanno posto gli occhi anche le multinazionali, non solo i proprietari terrieri cileni.

D. – Cosa potrebbe e cosa dovrebbe fare di più il governo per risolvere la questione Mapuche?

R. – Quello che sta dicendo la Chiesa cattolica. Primo, non cedere a nessun tipo di ricatto, sia che provenga eventualmente da minoranze Mapuche violente sia che provenga da proprietari terrieri con interessi politici o ideologici: non cedere, continuare ad approfondire, intensificare il dialogo con questa etnia che è il 12 per cento della popolazione cilena, non è una piccola minoranza; un dialogo intenso, continuo, serio. Seconda cosa, la prevenzione. Questa è un’altra cosa che va detta. Non è possibile che dopo cinque anni, con oltre 30 chiese bruciate, in Cile, la giustizia, le forze dell’ordine, la polizia, i diversi governi non siano riusciti a fare chiarezza. Quindi lì c’è una debolezza da superare e quella debolezza va superata soprattutto con un lavoro di prevenzione.








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