2016-08-12 13:48:00

Olimpiadi. Il "selfie" delle ginnaste riunisce le Coree


Continua a suscitare interesse e commenti una delle foto simbolo delle Olimpiadi di Rio, quella del selfie scattato da due atlete coreane, una del Nord e l’altra del Sud, e definito da più parti la “l’icona dell’unità” tra due Paesi nemici da oltre 60 anni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Il gioco di parole viene facile: ciò che il 38.mo parallelo divide, due parallele asimmetriche hanno unito, assieme a qualche migliaio di pixel come un buon selfie impone. La foto che si scattano insieme contente due atlete formalmente “nemiche”, a loro volta immortalate da un fotografo in servizio tra le pedane dell’Arena di Barra a Rio de Janeiro, è l’icona che sgretola nello spazio di un flash gli effetti di tanti proclami guerrafondai e di provocazioni muscolari a colpi di test missilistici ed esercitazioni militari congiunte.

Perché se le prime a non ricordarsi, o forse a ignorarlo di proposito, di doversi comportare come le obbligherebbe il peso di 60 anni di storia e di separazione sono due ragazze, una anzi poco più che ragazzina, allora il mondo ha davvero speranze di futuro migliori di quelle soffocate dal pessimismo allarmato che oggi dilaga.

A ben guardarli, i visi accostati di Lee Eun-ju, sudcoreana, 17 anni, e di Hong Un-jong, 27 anni, nordcoreana e campionessa olimpica, e soprattutto il loro sorriso non di facciata, ci raccontano senza bisogno di acuti commenti che, nel loro caso, né la strategia dell’odio di regime inculcato di padre in figlio né la retorica dello “rogue-State” hanno avuto la forza di avvelenare due ragazze “diversamente coreane” che anzi incontrandosi sotto i cerchi olimpici invece di ignorarsi, come fossero state in divisa invece che in tuta, si sono avvicinate cordiali per stringersi la mano, come si fa tra amici.

E quando la più giovane, ginnasta ancora agli inizi, ha proposto il selfie alla collega celebre e pluridecorata, nessuna delle due deve aver pensato – e il piacere di farsi il selfie lo dimostra – di essersi stretta al fianco della rappresentante di uno “Stato-canaglia” piuttosto che dell’imperialismo occidentale. Più probabilmente, saranno state soprattutto contente di ritrovarsi, da coreane, a difendere in mezzo a dozzine di atlete di tutto il mondo l’onore sportivo del loro Paese, che solo una striscia su un mappamondo e troppo filo spinato e una ostilità continuamente alimentata a freddo si ostina a volere spaccato a metà.

Chissà ora come nei loro Paesi – soprattutto a Pyongyang, si chiedono preoccupati in tanti sui social – verrà presa questa mancanza di aggressività e questa istintiva manifestazione di amicizia tra due nemiche che non sanno di esserlo o non ne vogliono sapere. La speranza è che chi passa il tempo a fare complessi calcoli geopolitici per anticipare a oggi il potere che avrà in futuro si lasci per una volta contagiare dalla levità dei volteggi di cui queste due ragazze sono maestre e riesca a vedere, nella filigrana di una foto bella e “impossibile”, come realmente i giovani, non solo coreani, vorrebbero il loro mondo di domani.








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