2016-08-16 12:49:00

Usa. Afromericano ucciso dai poliziotti, proteste a Milwaukee


Ennesima recrudescenza di violenza negli Stati Uniti, dove a Milwaukee, l’uccisione di un afroamericano da parte di un poliziotto ha scatenato nuovi scontri fra la comunità nera e gli agenti. Il sindaco ha istituito il coprifuoco per i minorenni della città. Alla ribalta della cronaca anche l’assassinio di un imam a New York. Arrestato il sospetto e già si punta il dito al clima di odio razziale alimentato dal candidato alle primarie di parte repubblicana, Donald Trump. Un’analisi sulle specificità di questi episodi e sul clima che si repira negli Stati Uniti, Paola Simonetti l'ha chiesta a Giampiero Gramaglia, giornalista, consigliere dell’Istituto Affari Internazionali:

R. – C’è un passato di tensione tra la comunità nera e la polizia di Milwaukee, ma non più spesso e più tragico dei passati che esistono in altre città degli Stati Uniti. E ci sono specificità di questo episodio che lo rendono, agli occhi dell’opinione pubblica americana, meno inaccettabile di altri, anche molto recenti e che sono stati all’origine di questa estate calda di tensioni razziali. Il fatto che il giovane ucciso fosse noto alla polizia, autore già di numerosi reati, armato e con una pistola con pallottole in canna, e il fatto che il poliziotto che l’ha ucciso non solo fosse un nero, ma fosse anche un ragazzo come lui… Ci sono elementi particolari, in questi episodio, che lo differenziano da altri. C’è anche il fatto che la tensione è esplosa, sì, in modo molto violento anche a Milwaukee, ma ha contagiato meno di altre volte il resto dell’America. Questo perché il movimento dei neri probabilmente ha colto la differenza e la valenza diversa di questo episodio rispetto ad altri.

D. – La polizia statunitense usa davvero spesso una forza sproporzionata contro i neri nello specifico o è la prassi, come dire, più generalizzata, magari contro una violenza diffusa in modo trasversale?

R. – La tendenza della polizia negli Stati Uniti a usare una violenza che noi giudichiamo – noi europei – tendiamo a giudicare sproporzionata e diffusa, come è diffusa nella società americana la tendenza a ricorrere alla violenza in modo sproporzionato rispetto a quello che noi considereremmo normale o accettabile, l’uso delle armi da fuoco è prassi corrente mentre da noi è fatto eccezionale… Però, il presidente Obama ha detto una frase, nel luglio scorso, che è corretta: “La comunità nera e – lui ha aggiunto – anche la comunità ispanica, sono tuttora oggetto di discriminazioni da parte delle forze dell’ordine americane nel modo in cui vengono fronteggiate e contrastate”.

D. – Però, c’è ora anche la notizia di questo imam e del suo assistente che sono stati uccisi a New York, ma in molti stanno puntando il dito contro il clima di odio razziale innescato dalla campagna elettorale di Trump contro la comunità islamica, ma non solo: contro le comunità immigrate. Tu che ne pensi?

R. – Il delitto di New York, anche a giudicare dalle informazioni che abbiamo finora sulla persona arrestata ritenuta responsabile, non avrebbe motivazioni di odio razziale. E' possibile che si tratti di un musulmano che ha ucciso un musulmano ed è possibile che si tratti di motivi personali o inerenti a logiche interne alla comunità. Però, il segnale d’allarme venuto dalle comunità musulmane d’America che c’è un clima di tensione nei loro confronti è indubbio. Le incitazioni all’intolleranza che vengono da Donald Trump e che anche una parte dei conservatori moderati rimproverano a Donald Trump contribuiscono senz’altro a rendere più teso in questo momento il clima delle relazioni fra religioni e delle relazioni tra componenti etniche negli Stati Uniti.








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