2016-08-17 13:36:00

Congo, Nord Kivu: proteste a Beni contro massacri dei civili


Nella Repubblica democratica del Congo resta fortemente instabile la situazione nella zona del Nord Kivu, dopo l’ennesimo massacro, nei giorni scorsi, in cui gruppi armati hanno ucciso 50 civili. Kinshasa accusa delle violenze un gruppo islamista ugandese. Per la popolazione, alcune responsabilità sono da ricercare anche da parte del governo. Oggi, a Beni, la polizia ha sparato gas lacrimogeni contro centinaia di manifestanti. Protestavano per la mancata reazione delle autorità alle ultime violenze. All'Angelus per la Festa dell'Assunta Papa Francesco aveva lanciato un accorato appello di pace per la Repubblica Democratica del Congo: "Il mio pensiero – aveva detto il Pontefice – va agli abitanti del Nord Kivu recentemente colpiti da nuovi massacri che da tempo vengono perpetuati nel silenzio vergognoso, senza attirare neanche la nostra attenzione. Fanno parte purtroppo dei tanti innocenti che non hanno peso sulla opinione mondiale". E' di ieri, inoltre, la notizia secondo cui tre volontari della Caritas locale sono stati rapiti nella regione, a 125 km dal capoluogo Goma. Elvira Ragosta ha chiesto a Giusy Baglioni, esperta dell’area e membro dell’Associazione "Beati costruttori di pace", chi siano i gruppi che operano nella regione:

R. – Non c’è una matrice chiara. Secondo il governo, il colpevole è questo gruppo di ribelli chiamato "Adf" di origine ugandese e di matrice islamista. Secondo altri sarebbero coinvolte le "Fdlr", i vecchi combattenti rwandesi scappati accusati di genocidio. Secondo la popolazione locale, ci sarebbero invece delle responsabilità occulte da ricercarsi addirittura dalla parte del governo che avrebbe degli interessi nel fomentare l’insicurezza nella regione.

D. – Questo in una regione con forti interessi dal punto di vista economico perché è una regione estremamente ricca...

R. – Ricchissima nel sottosuolo... Ricordiamo in particolare il coltan, minerale fondamentale per i nostri cellulari e per tutta l’elettronica.

D. – Anche Papa Francesco nell’Angelus dello scorso 15 agosto ha ricordato i dolori della popolazione del Nord Kivu vittima di questo conflitto dimenticato e ha lanciato un appello per la pace. Un conflitto, questo, che destabilizza tutta le regione…

R. – È una regione fortemente instabile da decenni. Parliamo di una zona al confine tra Uganda e Rwanda. Dal 1994 in poi, ma anche molto prima, ci sono sempre state stragi, c’è insicurezza, ci sono gruppi armati... E' una situazione molto complessa e intricata. In particolare quello che sta avvenendo a Beni dall’ottobre 2014 è molto trascurato, non se ne parla, Tuttavia, per la regione sta creando una tensione molto forte. La popolazione adesso si sta ribellando perché accusa sia il proprio governo che la comunità internazionale di non fare nulla, di essere supini davanti agli eventi. Addirittura, secondo alcuni della zona, di essere complici. Ricordiamo anche che c’è una forza molto ingente delle Nazioni Unite che la popolazione locale accusa di non fare niente per frenare i massacri.

D. – I dati parlano di 650 morti nella zona di Beni dal 2014. Altissimo anche il numero degli sfollati. La popolazione di fronte a questi massacri è costretta ad abbandonare le proprie case, i propri villaggi…

R. – Esatto ed è proprio una tecnica che viene utilizzata: terrorizzare la popolazione. 650 morti purtroppo possono sembrare un numero piccolo rispetto alle notizie che ci arrivano da altre parti del mondo. Quello che però impressiona è la efferatezza con la quale queste persone vengono uccise. Non c’è rispetto per gli anziani, per i bambini, donne incinte… Vengono massacrati in maniera davvero indicibile. Questo provoca il terrore nella popolazione. La gente si sposta e secondo alcuni analisti sarebbe voluto per liberare delle zone: sostanzialmente, fare andare via la popolazione per poter occupare e sfruttare più agilmente questo località.

D. – Nei giorni scorsi, il presidente Kabila ha incontrato il suo omologo ugandese Museveni per coordinare una risposta militare. Che passi avanti sono stati fatti?

R. – Dopo l’incontro con Museveni, c’è stato l’incontro con il presidente ruandese Kagame. Anche questo è un evento perché le relazioni diplomatiche si erano interrotte nel 2012 e ora sono state riaperte. In che direzione si trovano questi incontri è difficile dirlo perché a livello ufficiale ovviamente ci sono dei resoconti che non si sa quanto corrispondano davvero ai colloqui privati che sono intercorsi tra i presidenti. Si parla di sicurezza di passi avanti nella lotta a queste formazioni che imperversano nella zona. Tuttavia, fa riflettere il fatto che proprio subito dopo questi incontri ci sia stato l’ultimo massacro di cui stiamo dando notizia.








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