2016-08-17 07:58:00

Siria, asse Russia e Iran. L'Is: colpite Europa e Stati Uniti


Contro l’Is in Siria prende forma l’intesa Mosca-Teheran, e i caccia russi partono dalle basi iraniane per colpire gli uomini del Califfato. La Cina offre il suo aiuto a Damasco, mentre lo stato islamico chiama a raccolta i “lupi solitari” e ordina: attaccate l’Europa. Servizio di Francesca Sabatinelli:

L’ordine è di serrare le fila, di entrare in azione e colpire i ‘miscredenti’ in America e in Europa, dal Belgio all’Italia passando per Danimarca, Francia, Spagna e Russia. E’ l’appello di un Califfato sotto attacco in Siria, in Libia e in Iraq, che chiama a raccolta i “lupi solitari”, quei “musulmani devoti” pronti ad attivarsi per difendere il cosiddetto Stato islamico. In un messaggio video, l’Is ammette che la guerra si è intensificata, proclama l’intenzione di resistere  e incita gli adepti a combattere i crociati ovunque si trovino, a fare stragi nei mercati così come nelle stazioni ferroviarie. Attacchi individuali che non poco preoccupano l’Occidente, disarmato di fronte ad imprevedibili azioni solitarie.

Ed è dallo scenario siriano che arrivano intanto nuove alleanze. La Cina ha annunciato il suo sostegno al regime del presidente Assad accanto all’alleanza russo-iraniana: fornirà aiuti umanitari ed addestramento alle forze armate di Damasco. Ma il risvolto più significativo resta l’intesa Mosca-Teheran, che vede l’utilizzo delle basi iraniane, da cui sono partiti caccia russi che hanno già bombardato il territorio siriano, compresa la provincia di Aleppo dove ieri sono rimasti ucciso una ventina di civili, tra cui bambini. 

Sul ruolo degli iraniani, Marco Guerra ha intervistato Alberto Negri, esperto dell'area mediorientale per “Il Sole 24 Ore:

R. – Certamente un coinvolgimento diretto dell’Iran come piattaforma, come base per i bombardamenti russi in Siria in qualche modo introduce un ulteriore elemento che ci fa capire quale sia oggi il tipo di alleanza che c’è tra Mosca e Teheran. E' un’alleanza molto forte quella che in pratica ha portato con l’intervento russo del 30 settembre 2015 all’arrivo di truppe russe in Siria e al salvataggio del regime di Bashar al Assad. Indica che comunque nulla in quella regione, in quell’area si farà senza Mosca, tanto meno senza l’Iran.

D. – Lo Stato islamico è in ritirata su molti fronti. I peshmerga hanno conquistato alcune città nel nord della Siria e il governo iracheno avanza verso Mosul…

R. – La  guerra in Siria e la guerra in Iraq sono due situazioni diverse: in Iraq la coalizione che sta combattendo è a guida comunque americana e in qualche modo sostiene il governo sciita di Baghdad. In Siria ci sono due coalizioni: una a guida russa che sostiene Bashar al Assad e l’altra a guida americana che ha come alleati i curdi siriani e una parte delle milizie arabe. Quindi, si capisce molto bene che da una parte la conquista di Raqqa capitale del Califfato in Siria e dall’altra parte l’assedio a Mosul sono due cose molto diverse. In Siria c’è in corso una sorta di "grand prix", di gran premio per arrivare per primi alla conquista di Raqqa. Certamente, il problema dei curdi è evidente: non hanno mai conquistato neppure Kirkuk dopo la caduta di Saddam Hussein, quindi è inimmaginabile che oggi possano conquistare Mosul e strapparla alle mani del Califfato e controllare un’area a grande maggioranza araba e sunnita. Questo è il problema vero della questione: le conquiste militari che verranno fatte sul Califfato determineranno anche una possibile sistemazione politica futura ritagliando delle zone di influenza. Inoltre, c’è la questione di riciclare i jihadisti del Califfato, ci stanno provando con il solito sistema. Jabhat Al Nusra, affiliata di al Qaeda, ha cambiato nome e lì confluiranno una parte di jihadisti transfughi del Califfato.

D. – Si parla tanto dell’offensiva finale su Raqqa e Mosul. Parliamo comunque soprattutto, per la seconda, di una grande citta di quasi due milioni di abitanti. È immaginabile un attacco senza prevedere decine di migliaia di vittime anche tra i civili?

R. – Infatti, nessuno ha detto che oggi stanno facendo un’offensiva su Mosul: ci sono voluti mesi per riconquistare Ramadi e poi anche Falluja, figuriamoci Mosul. Oltre tutto si tratta di una zona minata, difficile da controllare. Prima di conquistare Mosul devono rendere sicure le retrovie. Chi poi, soprattutto? L’esercito iracheno di Baghdad con il supporto magari anche degli americani, magari delle milizie sciite? Quindi, si capisce molto bene che si tratta di un’operazione delicata per il controllo di una città così ampia, così grande. Quella di Raqqa è una situazione diversa. È da tempo che si trova sotto pressione delle truppe siriane e anche dei russi. Raqqa è una città che, se venisse conquistata, comunque darebbe a chi se la porta a casa in qualche modo una certa legittimazione sul piano internazionale. Ecco perché c’è questa concorrenza fra la coalizione a guida americana e quella a guida russa.

 








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