2016-08-19 14:50:00

Yemen: Msf, evacuato lo staff da sei ospedali del nord


Medici senza frontiere (Msf) ha deciso di evacuare il personale da sei ospedali che sostiene nel nord dello Yemen, dopo una serie di bombardamenti aerei che hanno colpito quattro di queste strutture in meno di un anno. Lo ha annunciato l'organizzazione, fornendo un bilancio aggiornato dell'ultimo di questi attacchi, avvenuto lo scorso 15 agosto sull'ospedale Abs: 19 morti e 24 feriti. La coalizione militare araba guidata dall'Arabia Saudita si è detta rammaricata per la decisione e ha annunciato il tentativo di convocare un incontro urgente con l’organizzazione. Marina Tomarro ha raccolto il commento di Roberto Scaini di Medici senza frontiere:

R. – È una scelta difficilissima, non da un punto di vista tecnico ma umano, perché sappiamo benissimo che sono zone dove ci sono necessità in termini umanitari e medici inimmaginabili, e quindi dove è necessaria la nostra presenza. Il perché sia stata presa questa decisione piuttosto pesante è che è evidente che non sono più garantite le norme del diritto umanitario internazionale: una molto semplice è che gli ospedali e i centri di cura non devono essere bersaglio di attacchi armati. Purtroppo, questo non è successo solo il 15 agosto, lasciando dei morti e feriti sul campo. Nel solo Yemen è il quarto attacco a strutture sanitarie supportate da Medici senza frontiere, per cui noi siamo testimoni diretti. Questo non vuol dire però che abbiamo abbandonato la popolazione. Continuiamo chiaramente a supportare in remoto le strutture sanitarie e speriamo di poter ritornare il più presto possibile.

D. – Cosa vuol dire questo per la popolazione?

R. – Avere un maggiore accesso alle cure. Faccio l’esempio dell’ultimo ospedale attaccato e distrutto e che quindi non può più operare: se una madre vuole andare a partorire e avere un parto sicuro, non c’è più un altro posto disponibile. Il punto è che non è possibile trovare un ospedale a 10 km da un altro che è stato distrutto. Non è possibile. Sono pochissimi gli ospedali rimasti aperti per motivi tecnici e che non sono stati distrutti per gli attacchi diretti alle strutture sanitarie. Non c’è accesso alle cure: anche la malattia più “banale” diventa mortale.

D. – Cosa si sarebbe potuto fare maggiormente per evitare tutto questo?

R. – Rispettare le regole. È un po’ strano che anche durante la guerra ci siano delle regole, ma queste sono sancite e firmate. E questo non sta assolutamente succedendo. Continuiamo a chiederci come un ospedale possa essere inteso alla stregua di un bersaglio militare. E continuiamo a chiederci come possa essere un errore, che forse potrei accettare se fosse la prima volta. Tutte le strutture sanitarie sono segnalate con le coordinate Gps. Quindi, è necessario rispettare quello che va rispettato: un posto dove le persone vanno a curarsi, ci  chiediamo veramente come un ospedale possa essere un bersaglio.

D. – La coalizione militare araba si è detta molto dispiaciuta e ha affermato che è necessario un incontro urgente con Msf: lei cosa ne pensa? Può essere una soluzione?

R. – Nel momento in cui ci si siede intorno ad un tavolo, se quello che si dice viene poi rispettato questa può essere una soluzione. Purtroppo, però, degli incontri ci sono già stati ripetutamente in passato. E in questi incontri sono state date precise garanzie: se si rispetta quello che si dice, questo è un grande passo. E, ripeto, noi siamo disponibili a ritornare perché è quello che vogliamo fare. Perché l’emergenza umanitaria c’è, e lo sappiamo benissimo. Vogliamo tornare, ma abbiamo bisogno di garanzie oneste.

D. – Qual è la condizione umanitaria del Paese in questo momento?

R. – Non c’è assolutamente accesso ai fabbisogni primari: cibo, acqua, ecc. Il numero di bambini malnutriti è in costante aumento, non c’è più accesso alle cure né per i casi acuti né per le patologie croniche, come un semplice diabete o ipertensione, che non viene più curata. Gli ospedali sono rimasti pochi, quindi la popolazione deve affrontare dei lunghi spostamenti per raggiungere i pochi ospedali aperti. E spesso una popolazione che era già povera prima, ora lo è ancora di più e non ha i mezzi neanche per pagare un trasporto per raggiungere i centri di cura. Adesso le patologie sono in aumento esponenziale, perché ci sono popolazioni che chiaramente devono abbandonare le città sottoposte agli attacchi, si devono sposare in zone dove la situazione è relativamente più tranquilla. Abbandonando le loro case vanno a vivere senza alcuna protezione e alle volte senza neanche una tenda. Ci sono campi di rifugiati dove hanno giusto due legni o un telo per proteggersi da acqua e freddo. Noi facciamo anche servizi di cliniche mobili, ma la condizione è quella che ci sia la sicurezza per poter operare. E ormai è diventato un circolo vizioso: la situazione nello Yemen è veramente difficile per la popolazione civile.








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