"Dateci dei pastori degni di fiducia!”. È un duro atto di accusa quello lanciato dai vescovi malgasci in un messaggio diffuso in occasione del 56° anniversario dell’indipendenza del Paese. Nel documento, diffuso al termine di una riunione straordinaria della Conferenza episcopale del Madagascar (CEM) ad Antananarivo, i presuli denunciano l’inadeguatezza della classe dirigente locale di fronte ai gravi problemi dell’isola che, dopo il drammatico colpo di Stato del 2009, fatica ancora a trovare una nuova stabilità politica e istituzionale, restando ai margini della recente crescita economica dell’Africa orientale.
Qualche segno di speranza
“Come il profeta Ezechiele - si legge nel testo citato
dall’agenzia Cathnews - abbiamo pietà per il nostro popolo che sembra un ‘gregge senza
pastore’ a causa del succedersi fino ad oggi di regimi che non hanno saputo trarre
lezioni dagli errori del passato e che sono la causa delle nostri mali”. Per i vescovi,
tuttavia, non è persa ogni speranza, perché – affermano – negli ultimi tre anni il
Madagascar ha saputo riscoprire “la sua saggezza: la tolleranza, la solidarietà e
il fihavanana (termine malgascio con il quale si indica il valore dell’amicizia, ndr
) e ha riconquistato la fiducia della comunità internazionale”.
Una classe dirigente inadeguata per risolvere i problemi di un Paese malato
Resta comunque la dura constatazione di un Paese “malato”
governato da un regime inefficiente e da una classe dirigente “che resta con le mani
in mano”, in cui promesse ingannevoli mescolate a bugie hanno aperto la porta alla
violenza, mentre “la vita e la dignità umana non sono più rispettate, i poveri non
sono protetti, e i giovani sono abbandonati all’anarchia”.
La Chiesa minacciata
A ciò si aggiunge la confusione spirituale alimentata
da chi incita i credenti alla divisione e usa la religione a scopi politici. In questo
contesto, a preoccupare l’episcopato è anche l’accresciuta insicurezza della Chiesa.
Nel Paese, infatti, si moltiplicano, nell’indifferenza generale, le aggressioni e
le minacce contro il personale religioso, insieme ai furti e agli atti di vandalismo
contro le proprietà ecclesiastiche. Inoltre l’opera della Chiesa è resa sempre più
difficoltosa da ostacoli burocratici per la concessione dei visti ai missionari stranieri
e delle autorizzazioni per la costruzione di nuovi luoghi di culto.
I mali del Paese: insicurezza, corruzione e assenza di uno stato di diritto
Il messaggio si sofferma quindi sulla perdurante crisi
politica ed economica del Paese. In particolare, i vescovi denunciano l’inefficienza
degli organi preposti al controllo della legalità; la povertà dilagante; lo sfruttamento
indiscriminato delle risorse nazionali ai quali si accompagnano l’insicurezza, la
corruzione diffusa, l’assenza di un vero stato di diritto.
L’invito a non arrendersi e a restare solidali
Secondo i vescovi malgasci, non spetta alla Chiesa
proporre un modello di organizzazione politica e di governo del Paese: “La sua missione
è di insegnare, sensibilizzare le persone a perseguire sempre il bene comune con spirito
di servizio”. In questo senso, essi propongono tre soluzioni per uscire dalla crisi:
ricordare che il potere è al servizio della Nazione: ristabilire una collaborazione
seria tra lo Stato e le Chiese per fare regnare la giustizia; educare i cittadini
a valori fondamentali come l’onestà, la dedizione, la carità, la dignità umana e la
preoccupazione per l’interesse generale. Per riportare il Paese verso una sana alternanza
democratica - aggiungono - occorre inoltre garantire il rispetto della legge e istituire
organismi di controllo indipendenti. Il messaggio conclude quindi con l’invito a tutti
i cittadini malgasci “a non arrendersi, ma a restare solidali”, senza farsi manipolare
da chi vuole creare tensioni per conquistare il potere. (A cura di Lisa Zengarini)
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