2016-08-21 14:16:00

Gubbio, al via la 67.ma settimana liturgica nazionale


“La liturgia luogo della misericordia. Riconciliati per riconciliare”. È questo il titolo della 67.ma Settimana liturgica nazionale che prende il via lunedì 22 agosto a Gubbio, in Umbria, per concludersi il 25 prossimo. Fitto il programma con numerosi e importanti relatori, come ad esempio il segretario della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo metropolita di Perugia- Città della Pieve, e il priore della Comunità monastica di Bose, Enzo Bianchi. Ma qual è la vera essenza di questo ormai storico appuntamento? Federico Piana ne ha parlato con mons. Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta e presidente del Centro di Azione Liturgica:

R. – Una bellissima esperienza di Chiesa è la Settimana liturgica nazionale, che dal suo esordio nel 1947 ha scandito un po’ tutto un cammino che la Chiesa italiana ha fatto, a cominciare dalla “Mediator Dei”, certo, e poi dai documenti conciliari, per cercare di vivere in pienezza il dono grande dell’esperienza liturgica e che sicuramente il Concilio Vaticano II ha messo maggiormente a disposizione del popolo di Dio. E quindi, in questo contesto anche quest’anno la Settimana liturgica vuole dare un contributo alla Chiesa che è in Italia proprio tenendo presenti le coordinate in cui si sta muovendo la Chiesa italiana. Da una parte, Papa Francesco con il Giubileo straordinario della Misericordia, e dall’altra anche la Chiesa italiana che ha celebrato da poco un grande Convengo nazionale in cui si è parlato del nuovo umanesimo che Cristo fonda e che Cristo sostiene. E quindi, parlare di liturgia come luogo della misericordia vuole rispondere proprio a questo e indicare l’esperienza del cristiano: un coinvolgimento della persona nel mistero di Cristo. E se Cristo è il volto misericordioso di Dio, ecco che la liturgia è necessariamente il luogo dove si fa esperienza della misericordia.

D. – Ma cosa vuol dire liturgia, luogo della misericordia di Dio”?

R. – Intanto, parlare di luogo indica proprio una concretezza. Direi che risponde, una volta di più, a quanto ci chiede Papa Francesco, cioè un’estrema concretezza quando parliamo dell’esperienza di fede. E talvolta c’è la tentazione di pensare alla spiritualità cristiana in genere e alla liturgia, che è un po’ l’esperienza concreta della spiritualità cristiana, come a un qualcosa di astratto o disincarnato dalla vita di tutti i giorni. Invece, il luogo è un posto concreto, un posto dove ci si può incontrare e la liturgia è un luogo dove non solo intellettualmente, non solo con una spiritualità astratta ma al contrario, con un’esperienza che prende tutta la complessità e la bellezza dell’essere umano, si può fare l’esperienza dell’incontro con il Signore, un incontro salvifico,

D. – E si è perso un po’, secondo lei, il senso di questa importanza o no?

R. – Questo senz’altro. Non a caso, lo sforzo che il Concilio Vaticano II già pensò di fare dedicando la sua prima Costituzione proprio al tema della liturgia – non è un caso – sicuramente dice questo, cioè un pericolo, una tentazione che la liturgia cristiana possa essere relegata a un insieme di cerimonie destinate soltanto e primariamente a un clero che celebra, dimenticando invece che la liturgia è proprio “quell'agire di Cristo con la Sua Chiesa – così si esprime il Concilio – in cui tutti quanti i battezzati sono coinvolti”: ciascuno con il suo ruolo, ma l’agire è di tutto il corpo, che è la Chiesa.








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