2016-08-21 09:41:00

Rotta balcanica. Mons. Perego: rivedere l'Accordo di Dublino


A Lubiana, in Slovenia, si sono svolte nei giorni scorsi riunioni organizzative per prepararsi alla possibile riapertura della rotta balcanica, in autunno. Lo Stato vuole evitare di diventare un "hotspot" per profughi siriani e ha mantenuto il filo spinato al confine con la Croazia. Pesa l’incertezza dell’accordo tra l’Ue e la Turchia, che potrebbe far passare centinaia di migliaia di profughi in Grecia. Eugenio Murrali ha intervistato il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego:

R. – E’ un accordo, quello tra la Turchia e l’Europa, che presenta grandi incertezze e quindi pone la necessità di quello che è stato chiamato “il piano B”, e cioè un’attenzione maggiore alla riapertura della rotta balcanica che di fatto è stata interrotta dall’Accordo tra la Turchia e l’Europa. Dall’altra parte, è chiaro che gli arrivi numerosi di richiedenti asilo dello scorso anno, soprattutto verso l’Austria e verso la Germania rispetto a altri Paesi europei, il peso diverso che sta assumendo l’accoglienza delle domande d’asilo nel contesto europeo – se pensiamo che le domande d’asilo in Austria sono state 10 ogni mille abitanti, in Italia sono state 1,36 ogni mille abitanti – pongono la necessità di una revisione dell’Accordo di Dublino e anche della revisione della collaborazione di tutti i 27 Paesi europei in ordine, appunto, all’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Infatti, anche per quanto riguarda ad esempio il confine italo-sloveno, quest’anno è stato assolutamente irrisorio il passaggio di persone: 664. Così pure per la sola Austria è stato di 5.000 persone, provenienti soprattutto dall’Afghanistan e dal Pakistan. E quindi, da questo punto di vista gli arrivi dal Sud, cioè dalla Grecia, sono stati di fatto interrotti.

D. – La Slovenia sta facendo manutenzione e sembra stia ampliando il filo spinato al confine con la Croazia. In Europa si continuano a costruire barriere…

R. – Purtroppo, l’incapacità dell’Europa di rivedere l’Accordo di Dublino e di partecipare in maniera unitaria e con forme nuove all’accoglienza dei richiedenti asilo porta chiaramente alla chiusura e a nuovi muri. Quindi, credo che sia assolutamente urgente, invece, rivedere questo accordo per riuscire effettivamente a rivedere quel progetto di ripartizione e di ricollocamento delle persone richiedenti asilo in tutti i Paesi europei. Al tempo stesso, credo che anche di fronte all’incertezza dell’Accordo tra Europa e Turchia sia ancora maggiormente importante, oggi, tornare a valutare la possibilità di corridoi umanitari, cioè non lasciare che le rotte vengano gestite sostanzialmente dai trafficanti di esseri umani, ma gestire attraverso i corridoi umanitari una partenza e un arrivo in Europa – in tutti i Paesi europei – di alcune quote dei richiedenti asilo e rifugiati, ben stabilite e ben precise.

D. – Voi, come “Migrantes”, siete sempre sul campo. Quale situazione state registrando?  Quali prospettive prevedete per l’autunno?

R. – La mia preoccupazione per l’Accordo tra Europa e Turchia, sulla durata di questo accordo, rimane. Non nel senso che questo accordo sia un buon accordo – da sempre lo abbiamo contestato – ma nel senso che la fine di questo accordo potrebbe generare effettivamente una partenza disordinata e un arrivo su tutti i confini di migliaia di richiedenti asilo e di profughi, creando certamente delle situazioni che sono maggiormente esplosive rispetto a quelle che stiamo vedendo, come ad esempio a Calais, con numeri certamente assolutamente superiori.

D. – Oggi, qual è la situazione nei centri di accoglienza della penisola balcanica?

R. – E’ gravemente precaria, soprattutto perché in tanti Paesi dell’Est europeo non c’era una preparazione – essendo Paesi di passaggio, ancora più rispetto al nostro Paese – non c’era certamente l’impegno di costruire un’accoglienza, un inserimento di richiedenti asilo e rifugiati. E quindi, la situazione è veramente molto precaria. Potrebbe diventare ulteriormente precaria, soprattutto al confine, qualora ci fosse questa chiusura ancora più determinata da parte dei Paesi dell’Europa dell’Est.








All the contents on this site are copyrighted ©.