2016-08-22 11:30:00

Palestina. A rischio la Scuola di Gomme, ospita 178 bambini


Rischia di chiudere, in Palestina, nel villaggio beduino di Khan al Ahmar, la Scuola di Gomme, realizzata nel 2009 dalla Ong italiana "Vento di Terra". La scuola primaria, senza fondamenta e costruita con l’utilizzo di pneumatici usati, ospita otto classi con 178 bambini, ma l’esecutivo israeliano – la cui decisione è prevista per il 23 agosto – da tempo la vorrebbe demolire e questo significherebbe per i bambini avere la struttura più vicina a 7 km di distanza e rischiare di non poterla raggiungere e perdere il diritto all’istruzione. Salvatore Tropea ne ha parlato con Serena Baldini, vicepresidente di "Vento di Terra":

R. – Siamo tutti un po’ in attesa di sapere che cosa dirà effettivamente domani la Corte suprema, ma sicuramente si sono mosse delle cose. Il nostro Consolato, con il quale noi siamo in contatto fin dai primi giorni, ha dato il suo parere contrario allo spostamento della scuola. Questa posizione è stata confermata anche dal Ministero degli esteri. Per cui, da parte italiana si stanno muovendo delle cose. Ci è stato riferito che il nostro primo ministro dovrebbe aver fatto una telefonata al primo ministro israeliano per ribadire, appunto, la contrarietà alla decisione presa. Per cui, sappiamo che dietro alla decisione di domani della Corte suprema c’è del movimento. Tra l’altro, la decisone era prevista per lo scorso 16 agosto e nel frattempo è stata rimandata. Anche questo ci fa pensare che la pressione esercitata da parte italiana a livello del nostro governo abbia in qualche modo mosso le cose. Quello che noi stiamo facendo in loco è stare molto vicini alla comunità, perché più si muovono cose intorno alla scuola, più c’è presenza della società civile e della comunità internazionale, più si può pensare che la decisione di demolirla non venga effettivamente presa. Lo scorso 17 agosto è iniziato in anticipo l’anno scolastico. In questi giorni, in qualche modo stiamo coordinando presenza protettiva alla scuola anche insieme ad altre ong italiane, organizzazioni internazionali, però, appunto, siamo tutti in grande attesa. Qualcosa ci fa sperare che se non altro la demolizione verrà rimandata.

D. – Come stanno procedendo le attività della scuola e quale l’alternativa in caso di definitiva demolizione?

R. – In questi giorni, l’attività della scuola sta andando avanti in maniera assolutamente regolare perché, appunto, lì l’anno scolastico è ufficialmente cominciato prima proprio perché era importante che la scuola fosse piena di persone. Se la scuola venisse demolita – noi ci opponiamo proprio a questo – i bambini non avrebbero modo di andare a scuola. Quello che dicono le parti israeliane è che non verrebbe solo demolita, ma anche riposizionata in un’altra comunità, ma è già stato fatto il nome di una comunità che non è vicina, dista circa 7 km. Sappiamo che i bambini delle comunità beduine si spostano a piedi: si tratta di bimbi di scuola primaria, quindi anche piccoli, che non possono fare 7 km in un territorio dove, tra l’altro, non ci sono strade.

D. – Oltre alla scuola di gomma, attualmente qual è la situazione generale e il clima che si respira in quei territori?

R. – Arriviamo alla ragione reale per cui di fatto la scuola vorrebbe essere demolita. Ci troviamo in "Area C", un‘area della Palestina – della Cisgiordania in particolare – molto estesa. E' un’area dove vivono palestinesi ma dove l’autorità è completamente israeliana. Ed è questo il motivo dei forti vincoli che ad esempio vengono imposti. Di fatto, non si possono costruire edifici permanenti utilizzando cemento e con fondamenta. La scuola di gomma è fatta di gomme proprio per questo. L’"Area C" è di forte espansione coloniale e sono decenni che Israele sta ampliando le colonie. Attualmente tutte le comunità beduine, soprattutto dell’area intorno a Gerusalemme, sono sotto quello che viene chiamato “Forced displacement plan”, cioè un Piano di spostamento forzato. Quindi, la sensazione è che la vera ragione è che quell’area sia chiave e quindi rientri un po’ in un contesto di spostamento delle comunità beduine che ormai va avanti da decenni e che vedrebbe il loro ricollocamento in aree vicine a centri urbani. Quindi, tenderebbe a urbanizzare un po’ le comunità beduine però, appunto, vorrebbe liberare il territorio che queste occupano per favorire l’espansione coloniale. Quindi, pensiamo anche che se la scuola venisse demolita, con buona probabilità poi tutta la comunità verrebbe forzatamente spostata. Siamo molto consapevoli che si tratta di una questione chiave che riguarda un po’ in generale la situazione geopolitica della Cisgiordania oggi.








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