2016-08-23 10:40:00

Filippine, governo e ribelli pronti a negoziare la pace


È stata stabilita la tregua tra il governo filippino e i ribelli comunisti per permettere l’avvio del negoziato di pace, che si tiene a Oslo fino al 28 Agosto. Il cessate-il-fuoco è giunto dopo la scarcerazione da parte del governo di due influenti dirigenti comunisti, Benito e Wilma Tiamzon, per permettere loro di partecipare ai negoziati. Il presidente Rodrigo Duterte, d’altro canto, ha minacciato l’uscita del Paese dall’Onu, dopo le critiche del palazzo di vetro sulla “guerra alla droga”, che ha causato un bilancio di circa 1.700 vittime. Ma la dichiarazione del presidente Duterte è stata poi ridimensionata dal ministro degli Esteri, Yasay. Sulla effettiva possibilità della chiusura del conflitto armato, Maria Carnevali ha intervistato Paolo Affatato, responsabile della redazione “Asia” nell’agenzia Fides:

R. – Il primo a ritenerlo possibile è il presidente Rodrigo Duterte, che nel discorso sullo stato della nazione, pronunciato alla fine di luglio, davanti al Congresso filippino, ha fatto questo annuncio per molti generando una grande sorpresa, ovvero l’annuncio del cessate-il-fuoco con i ribelli comunisti e l’avvio di negoziati di pace. Questo annuncio ha poi generato e trovato una conferma nella tregua accolta dai movimenti guerriglieri e dall’inizio di questi sospirati negoziati. Sembra che da entrambe le parti ci sia una volontà politica chiara di mettere fine alle ostilità e di cominciare una nuova fase, anche perché a Oslo ci saranno dei rappresentanti politici e dei consulenti del partito comunista delle Filippine che sono stati scarcerati recentemente. Quindi, c’è stato già un segno di grande disponibilità da parte del governo filippino e questo lascia grandi speranze.

D. – Le tematiche in discussione dovrebbero essere una possibile amnistia per i politici detenuti e una dichiarazione congiunta su sicurezza e immunità. Crede che questi siano i principali punti di una road map per la pace?

R. – Questi sono dei punti, direi, iniziali di questa road map. Si confermeranno anche gli accordi firmati in precedenza. Negli ultimi 40 anni, ricordiamo, ci sono state diverse sezioni dei colloqui di pace e diversi incontri sotto cinque diversi presidenti filippini. Si comincerà da dove il discorso era stato lasciato e cioè confermare la tregua, finire le ostilità e avviare un percorso di riconciliazione che passa anche attraverso l’approvazione di riforme socioeconomiche. Sono questi i temi che la ribellione comunista ha sempre portato come priorità nella sua agenda. Naturalmente, l’amnistia e il rilascio di oltre 500 prigionieri politici, che ricordiamo sono attualmente detenuti nelle carceri filippine, sarà un passaggio importante.

D. – Come ha già ricordato, ci sono state due scarcerazioni dei dirigenti comunisti, Benito e Wilma Tiamzon. E’ un importante passo in avanti per raggiungere un accordo con il partito comunista?

R. – E’ un chiaro segnale di buona volontà da parte del governo che, ricordiamo, lo ha annunciato davanti al Congresso, nel primo discorso sullo stato della nazione, il discorso programmatico di tutta la presidenza di Duterte che è stato eletto solo tre mesi fa.

D. – Il presidente Duterte parla di una possibile separazione dall’Onu in queste ore, dopo l’invito del Palazzo di Vetro ad interrompere le uccisioni illegali a danno di persone sospettate di crimini di droga. Il ministro degli Esteri e il portavoce del presidente smentiscono. Crede possibile una presa di posizione in tal senso?

R. – Credo sia decisamente impossibile. Che Duterte sia un uomo politico dai toni particolarmente vivaci, particolarmente forti, lo si era già capito durante la campagna elettorale. Credo che queste dichiarazioni facciano parte di quel teatro della politica che ha dei toni particolarmente forti, ma poi non arriva ad una soluzione così drastica. Il presidente, direi, invece si configura anche come uno dei prossimi protagonisti dell’assemblea dell’Asean, l’Associazione degli Stati, delle nazioni del Sudest asiatico, che sta facendo un cammino molto importante in avanti dal punto di vista economico e politico per la regione del Sudest asiatico.

D. – Dal 1 luglio ad oggi sono state uccise 712 persone dalla polizia in quanto sospette trafficanti di droga. Quali condizioni sociopolitiche stanno vivendo ora le Filippine?

R. – Queste uccisioni extragiudiziali sono in effetti uno dei nodi principali che interroga il governo di Duterte. Va detto che questo è un fenomeno che non è solo recente. Il traffico di droga è sicuramente una delle situazioni più allarmanti nel Paese. Di fronte a questo fenomeno, una voce come quella della Chiesa cattolica ha esortato a conservare l’umanità anche nel trattare con i criminali e gli spacciatori, cioè non si può sparare per uccidere solo per un sospetto, solo perché si è fermato un desunto spacciatore. 








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