2016-08-23 08:20:00

Vertice di Ventotene: dopo la Brexit l'Europa non è finita


Crescita, difesa e migrazioni al centro del vertice di ieri tra Germania-Francia-Italia convocato sulla portaerei "Garibaldi" a largo dell’isola di Ventotene, laddove nel 1941 fu compilato il “Manifesto per l’Europa”, un sogno federalista a cui i leader intendono ispirarsi per rilanciare l’Unione sul piano economico, della sicurezza e della cooperazione. Il servizio di Gabriella Ceraso:

L’arrivo dei leader a Capodichino intono alle 16, il trasferimento sull’isola pontina, l’omaggio alla tomba di uno degli europeisti più convinti come Altiero Spinelli qui confinato dal fascismo, quindi il vertice per il rilancio dell’Europa, a cui ciascuno dei tre leader punta. Il senso dell’incontro è qui, ha detto Renzi, stare nei luoghi in cui l’Europa è stata pensata non in palazzi istituzionali e fare come dissero i profeti del 1941: “gettar via vecchi fardelli e tenersi pronti al nuovo”. Dopo la Brexit l’Europa non è finita, avverte Renzi: rispettiamo la scelta fatta, ma vogliamo scrivere il futuro. Poi le priorità: sicurezza interna ed esterna, misure forti per la crescita e la disoccupazione e investimenti di qualità. Hollande sottolinea la necessità di una Europa più sicura da garantire con più mezzi e più risorse, del rafforzamento di frontiere e coste, della crescita nel coordinamento per la lotta al terrorismo. Anche la cancelliera Merkel insiste sulla necessità di condivisione di dati e sulla maggiore comunicazione tra intelligence. Bene l’accoglienza, afferma, ma la sicurezza così come la libera circolazione non devono essere messe a rischio. E per la sicurezza è importante anche lo sviluppo, aggiunge il presidente francese Hollande. E lo sguardo, anche tedesco, va all’Africa verso la quale, dicono i leader, abbiamo delle responsabilità: l’Ue deve essere più presente attraverso meccanismi di finanziamento e politiche favorevoli per lo sviluppo specie nel Sahel. Capitolo a parte, a cui i leader tengono molto, sono i giovani. Le proposte comuni che emergono parlano di più formazione e incremento di progetti di studio e lavoro. Da Renzi anche l’annuncio che sull’isola di S. Stefano, lo storico carcere diventerà sede di una scuola di formazione per giovani europei e mediterranei.

Un vertice che ha toccato temi alti, che ora però dovranno essere tradotti in provvedimenti concreti. Gabriella Ceraso ha sentito Eleonora Poli, esperta di questioni europee dell’Istituto affari internazionali:

R. – Questo appuntamento ha avuto un’importanza di carattere simbolico. Di fatto, non poteva avere un carattere decisorio perché appunto era un meeting tra tre Paesi membri, anche se importanti. In un momento di forti crisi e di forti connessioni interne fare un meeting decisivo non era la strategia migliore. Lo definirei più un meeting interlocutorio di definizione di quale debba essere la linea da portata avanti a Bratislava. Questo infatti è un primo meeting, per esempio, per la cancelliera Merkel che ne avrà altrettanti negli altri Paesi europei.

D. – Vengono fuori delle linee di pensiero comuni: qual è il rilievo di queste?

R. – È stata ribadita l’importanza di una maggiore cooperazione sia nell’ambito della sicurezza interna sia nell’ambito del problema della migrazione. Nulla di nuovo sotto il sole, diciamo. Dal punto di vista economico Renzi ha ribadito la necessità di essere sognatori ma anche realisti; questo significa un po’ più flessibilità di rilancio, ma allo stesso tempo portare avanti degli investimenti concreti per il Paese. Renzi è stato molto vago su questo punto, però sembra che ci possa essere un po’ più di flessibilità, anche se la Germania all’inizio sembrava abbastanza rigida su questo tema; forse grazie all’aiuto della Francia ci potrà essere maggiore flessibilità sul tema degli investimenti.

D. – E il parlare di Brexit come si è fatto, come qualcosa che non scoraggia effettivamente è possibile?

R. – Prima di tutto si deve parlare di Brexit come un elemento che non può portare alla fine dell’Unione Europea. Questo è fondamentale perché con l’aumento dei partititi euroscettici e una forte diffidenza verso l’Unione Europea parlare di Brexit come la fine dell’Unione Europea è un po’ come darsi la zappa sui piedi. Quindi, ci deve essere una visione propositiva. Dal punto di vista realistico, molto dipenderà da quando la Gran Bretagna deciderà appunto di adottare l’Articolo 50 e dal successivo processo di negoziazione, perché ovviamente c’è una visione abbastanza divisa: se da un lato alcuni Paesi preferiscono che la negoziazione sia lunga in maniera tale da cercare di trovare un accordo ottimale sia per la Gran Bretagna che per i Paesi membri, altri Paesi invece spingerebbero verso un’uscita più veloce della Gran Bretagna quasi per punirla per questo referendum. Quindi, diciamo che c’è una divisone politica interna tra i Paesi membri: anche all’interno degli stessi Stati non c’è una visione chiara, perché entrambe le opzioni avrebbero conseguenze negative per l’Unione Europea stessa.

D. – A Bratislava, dopo oggi (ieri - ndr), da cosa si partirà e con quali prospettive secondo lei?

R. – È veramente necessario che gli Stati membri mettano in atto una strategia europea concreta, che si parli di un piano effettivo futuro per lo sviluppo dell’Unione Europea – se ci deve essere uno sviluppo dell’Unione – perché la situazione di empasse attuale ha solamente effetti negativi.

D. – In termini concreti, questo che cosa potrà significare? Che decisioni devono essere prese?

R. – Una decisione più concreta sul problema dei migranti, su come ripartirli e su come fare investimenti nei Paesi da dove queste persone provengono. Ci deve essere inoltre una condivisione maggiore di sicurezza interna. Dal punto di vista economico, non si può chiedere ai cittadini europei di credere nell’Unione Europea che al momento sembra portare solamente maggior disagio economico: servono degli incentivi concreti.








All the contents on this site are copyrighted ©.